Accusato di associazione mafiosa, era latitante da tre anni. Era a capo dell'omonima cosca
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Giuseppe Pesce, reggente della omonima cosca della 'ndrangheta, si è consegnato e costituito ai carabinieri di Rosarno. Il boss, che era latitante da tre anni, è accusato di associazione mafiosa. Il 3 maggio si è concluso il processo agli affiliati alla cosca con 42 condanne, con pene da 6 mesi a 28 anni, 20 assoluzioni e due prescrizioni.
"Sono stanco di scappare" - Il latitante si è presentato in serata ai carabinieri della caserma di Rosarno, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Gregorio Cacciola e Benito Infantino, ed è stato subito trasferito nel carcere di Palmi. "Basta, sono stanco di scappare, meglio finirla qui", ha detto Pesce ai suoi difensori, chiedendo loro di accompagnarlo dai carabinieri. Cade così un altro importante tassello del potere criminale della cosca Pesce, già decimata dagli arresti e dalle sentenze dei processi portati avanti con estrema determinazione dalla Dda di Reggio Calabria e, in particolare, dalla pm Alessandra Cerreti, che dei Pesce conosce, in ogni particolare, storia ed organigrammi.
La moglie arrestata dieci giorni fa - Giuseppe Pesce è cugino della pentita Giuseppina Pesce, che con le sue rivelazioni ha consentito agli investigatori di smantellare la storica cosca di Rosarno con una lunga serie di arresti e retate. La decisione del capoclan di porre fine alla sua latitanza trarrebbe origine, soprattutto, dall'arresto della moglie, Ilenia Bellocco, di 24 anni, bloccata dai carabinieri il 5 maggio con l'accusa di aiutare il marito a tenere i contatti con gli altri affiliati alla cosca.