Sono nati da altre esperienze perché è importante spiegare che "non devi far finta di star bene quando dentro ti senti morire"
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“Io vengo da una piccola fabbrica. Duecento persone a Corsico. Nel gruppo mi chiamavano ‘La Piangina’ , ma questa esperienza è stata fondamentale per uscire da una situazione di solitudine totale “... Periferia di Milano. Alla biblioteca della Bovisa, Patrizia, si fa pregare un po' prima di parlare e quando inizia a ripercorrere la sua vita – dal sogno di far la ballerina al lavoro da operaia perso a 40 anni suonati - scoppia in lacrime suscitando l’ applauso di un pubblico che conosce bene situazioni analoghe.
“Quando ho perso il lavoro – prosegue Patrizia - non avevo nessun tipo di ammortizzatore sociale. Non uscivo più di casa. Avevo delle crisi di panico. Non riuscivo più a dormire. Mi riempivo di Lexotan e di domande : ‘adesso che faccio?’. Mi sentivo persa. Il gruppo mi è servito come valvola di sfogo. Nel gruppo si cercano delle soluzioni a questa ... a questa fatica di vivere in solitudine”
In una notte elettorale, fustigata dal nevischio e dai fulmini dello spread, l’associazione degli amici di Luca Rossi hanno voluto ricordare lo studente ucciso accidentalmente 27 anni fa da un poliziotto, dedicando una serata al “Mal di non lavoro” e ai “gruppi di auto-aiuto”, un’ esperienza nata fra i dipendenti dell’Eutelia che ora sta prendendo piede anche in altre aziende in crisi. “Raccontare com’è nata ci costringe a riaprire un cassetto del nostro cuore che contiene cose dolorose – dice Tiziana - la crisi della fabbrica è stata un’ esperienza sconvolgente . La famiglia Landi ( Samuele Landi è oggi latitante Dubai inseguito da 2 mandati di comparizione, ndr) ha spolpato la fabbrica, bruciando anche i nostri Tfr . Quindici giorni dopo la cosidetta ‘cessione di ramo d’azienda’ eravamo senza stipendio”. Paola , una collega di Tiziana, racconta un’occupazione durata 9 mesi che ha azzerato tutte le differenze : “Non c’erano più capi e sottoposti. Abbiamo passato 9 mesi a lottare, dormire, litigare, mangiare insieme, a ubriacarci insieme, a fare il giro delle istituzioni. Siamo stati vessati, minacciati, imbrogliati, ma non eravamo mai soli “. Finita la protesta è rimasta la solitudine e la cassa integrazione, e in assemblea “abbiamo cominciato a notare ‘sguardi che ti miravano e andavano oltre.” Sono stati quegli sguardi e il terribile esempio di un cassintegrato che è suicidato all’Italtel a spingere Tiziana , Paola e gli altri dell’Eutelia a decidere di confrontarsi su un malessere condiviso ma nel quale “ognuno porta il suo fardello personale”.
“Quando siamo restati a casa , finita l’occupazione – dice Tiziana - tutti hanno cominciato a crollare. Eravamo soprattutto impiegati e tutti sulla cinquantina. Restare a casa distruggeva uno dei cardini della nostra vita e ognuno era solo ad affrontare il disagio e la sofferenza. Cosi’, su proposta del sindacato , abbiamo iniziato l’esperienza del gruppo. All’ inizio eravamo perplessi. Quasi ci aspettavamo la bacchetta magica. Poi, al secondo incontro, una di noi ha iniziato a piangere e lì ognuno ha cominciato a parlare. Non solo della perdita del lavoro. E’ stata un’ esperienza liberatoria. Parlare ci faceva sentire che non eravamo soli. Ci faceva affrontare in modo diverso il ‘senso di colpa’ che consegue alla perdita di ruolo sociale”. Corrado Mandreoli, il sindacalista che per la Camera del Lavoro promuove queste iniziative, racconta che la crisi sta producendo un aumento sconcertante della competizione e dell’ espropriazione dell’identità di chi lavora. “Ci sono operaie che mi dicono : ‘lavoriamo con un fondo di rumore di 120 decibel. Se ci lamentiamo ci sentiamo dire che ‘siamo fragili’. In un gruppo costituito presso Italfarmaco, ho visto lavoratrici che in assemblea iniziano a piangere perchè vengono colpevolizzate per la maternità o per scelte di vita personali ... Negli anni ’80 la fabbrica era un collettivo di relazioni, mentre oggi i dipendenti sono soli e ci sono persone a rischio che vanno prese in carico per evitare scelte autolesioniste. I gruppi di auto-aiuto – spiega Mandreoli - sono nati da altre esperienze, per esempio da quelli nati intorno ai problemi di alcoolismo, perchè è importante spiegare che non devi far finta di star bene quando dentro ti senti morire ed è importante riuscire a dire ‘ ho pensato di farla finita’.
Il gruppo di auto-aiuto che abbiamo costituito all’ Italtel è dedicato a un cassintegrato che si è ucciso quando è arrivata la notizia della cassa integrazione. Il giorno prima era al presidio insieme a tutti gli altri. Le storie raccolte durante gli incontri dei gruppi di auto-aiuto, scritte dagli allievi della Scuola Holden di Torino, presto diventeranno un libro pubblicato da Feltrinelli.