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Bologna, paziente morta: due condanneScambiarono la Tac in ospedale

Asportato un rene sano, primario e tecnico radiologo responsabili: assolti altri tre medici

12 Nov 2012 - 16:34
 © Ansa

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Due condanne e tre assoluzioni nel processo per la morte di Daniela Lanzoni nel 2007, al Policlinico Sant'Orsola di Bologna. La donna morì due giorni dopo un intervento in cui le fu asportato un rene sano in seguito a uno scambio di Tac. Il giudice ha condannato il tecnico radiologo Stefano Chiari a un anno per omicidio colposo, il primario di Urologia Giuseppe Severini a un anno e 5 mesi per omicidio colposo e falso. Assolti altri tre medici.

Si tratta di Maria Cristina Galaverni, Paola Bacchetti e Alberto Benati. L'intervento era stato fatto sulla base di una diagnosi sbagliata dovuta all'attribuzione di un referto e di una Tac appartenenti in realtà a un'altra donna, con lo stesso cognome, ma più anziana di 32 anni e con un nome diverso. Infine c'era stata una mancata somministrazione di eparina.

Le richieste del pm
Il pm Francesco Caleca aveva chiesto per omicidio colposo la condanna a un anno e 4 mesi per Chiari, per il medico radiologo Maria Cristina Galaverni, per il medico urologo Paola Bacchetti e per il primario Severini. Per quest'ultimo il pm aveva chiesto in aggiunta una condanna per falso in atto pubblico a otto mesi, in pratica due anni in tutto. Lo stesso pm aveva chiesto l'assoluzione per l'aiuto di Severini, Alberto Benati, ora assolto con formula piena perché il fatto non costituisce reato. Assolti per insufficienza di prove poi Bacchetti e Galaverni.

Un sesto imputato patteggiò nel 2009
Era già stata definita nel gennaio 2009 la posizione di un sesto imputato, Giuseppe Corrado, urologo, che aveva patteggiato una pena a un anno e otto mesi per le accuse di omicidio colposo e falso. Il medico avrebbe modificato la cartella clinica di Daniela Lanzoni, 57 anni, dopo la morte.

La morte di Daniela risultato di una lunga catena di errori
Secondo la ricostruzione che era stata fatta dall'accusa vi fu una catena di errori, prima e dopo l'intervento, avvenuto il 27 settembre 2007, che portarono alla morte della donna. In pratica sono stati condannati il primo e l'ultimo "anello" della catena.

In base alla ricostruzione che era stata fatta alla fine delle indagini preliminari, nella catena di errori si parte dell'esame uro-Tac eseguito sulla vittima il 13 agosto 2007. Il tecnico di radiologia Stefano Chiari, secondo l'accusa, il giorno successivo "con imperizia e negligenza" senza avvedersi delle parziale omonimia, secondo la ricostruzione del pm nell'avviso di fine indagine, archiviò non le immagini di Daniela Lanzoni ma quelle di Teresa Lanzoni, 86 anni, nella memoria chiamata "Pacs", da cui provengono le immagini riprodotte su supporto cd poi allegato alla cartella clinica della vittima. Le immagini vennero archiviate correttamente in un'altra memoria del sistema informatico, detta "Web".

Scambio di persona, operazione sbagliata
Giuseppe Severini, primario del reparto, secondo l'accusa, nella fase preparatoria "con imperizia e negligenza" faceva propria la diagnosi di neoplasia e la prescrizione dell'intervento chirurgico, "incorrendo a sua volta nella non adeguata considerazione dei dati acquisiti a mezzo di indagine anamnestica e di esami strumentali (ecografie) che smentivano quella diagnosi, ancora omettendo approfondimenti diagnostici".

E dopo l'intervento, profilassi scorretta
Il 25 settembre, giorno dell'intervento, agendo come primo operatore eseguiva l'intervento omettendo di apprezzare preventivamente la vera condizione clinica degli organi interessati, pur conoscendo, già dalle 11.48, tramite accesso alla postazione della sala operatoria della memoria web, dove era stata archiviata la Tac giusta, le immagini radiografiche effettivamente riferibili alla vittima. Nella fase successiva all'intervento ometteva di prescrivere la necessaria profilassi antitrombo-embolica. E proprio la trombo-embolia ha poi portato alla morte della paziente.

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