Troppi debiti

Si diede fuoco a Bologna, morto dopo 9 giorniIl gesto davanti alla commissione tributaria

L'uomo, 58 anni, era tormentato dalle pendenze con il Fisco da cui era nata una denuncia penale

06 Apr 2012 - 16:27
 © Ansa

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E' morto dopo 9 giorni di agonia, all'ospedale Maggiore di Parma, l'artigiano che il 28 marzo si era dato fuoco davanti alla sede della commissione tributaria di Bologna. L'uomo, di 58 anni, era stato trasferito in elisoccorso dal capoluogo emiliano, per le gravissime ustioni riportate su tutto il corpo.

La mattina del 28 marzo Giuseppe C. si era dato fuoco dentro la sua Fiat Punto parcheggiata davanti al palazzone che fino a pochi mesi fa ospitava anche la sede della Agenzia delle Entrate. Aveva lasciato accanto alla vettura delle lettere, una proprio alla Commissione tributaria, in cui spiegava di aver "sempre pagato le tasse" e chiedeva di "lasciar in pace" almeno la moglie, cui aveva rivolto una commovente missiva di addio.

L'uomo era tormentato dalle pendenze con il Fisco, che gli chiedeva almeno 104mila euro (cifra non confermata dall'Agenzia, e che probabilmente non teneva conto di cospicue maggiorazioni per sanzioni). Una cifra dovuta al Fisco per lo più per sovrafatturazioni, cioè dichiarazioni di costi maggiori di quelli realmente sostenuti, emerse nei controlli fiscali, e contro cui Giuseppe C. aveva cercato inutilmente di far ricorso alla commissione tributaria provinciale (che gli aveva dato torto).

Dagli accertamenti del Fisco era poi nata anche una denuncia penale, visto che era stato accusato di aver usato fatture mendaci. Proprio la mattina del suo gesto disperato, Giuseppe era infatti imputato (rappresentato in aula dal suo legale Massimo Lettera) in tribunale a Bologna per l'accusa di uso di fatture false.

Il legale - su mandato dell'assistito - aveva patteggiato una pena di 5 mesi e 10 giorni. Pena sospesa perché Giuseppe C. era incensurato. Giuseppe si era dato fuoco alle 8.15, prima che l'udienza fosse aperta, ma la notizia in tribunale era arrivata solo nel pomeriggio, quando la sentenza era già stata pronunciata.

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