Gli uomini della polizia penitenziari sono accusati di vessazioni contro due carcerati
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Cinque agenti della polizia penitenziaria, in servizio nella casa circondariale di Asti, sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di aver picchiato e sottoposto a vessazioni due detenuti: entrambi sono stati lasciati per alcuni giorni, in isolamento, completamente nudi in una cella priva di materasso, lavandino, sedie e di vetri alla finestra; da mangiare solo pane ed acqua. Ai due - secondo l' accusa - veniva inoltre impedito di dormire. Il processo comincerà il 27 ottobre ad Asti.
Le vittime, Claudio Renne e Andrea Cirino, hanno denunciato maltrattamenti da carcere 'turco' da parte della 'squadretta' di agenti che avevano instaurato all'interno della struttura carceraria "un tormentoso e vessatorio regime di vita", si legge nell'imputazione.
Claudio Renne, nel dicembre del 2004 - secondo quanto emerge dagli atti dell'inchiesta - viene portato in una cella di isolamento, come punizione per aver cercato di placare un diverbio tra un agente e un altro detenuto. La cella e' priva di materasso, sgabelli e acqua. La finestra e' priva di vetri e Renne ci rimane per due mesi, i primi due giorni completamente nudo. Il cibo, racconta il detenuto, e' limitato a pane e acqua, ma a volte gli agenti gli lasciano dietro la porta della cella il vitto del carcere che lui puo' vedere ma non prendere. Le botte si ripetono piu' volte al giorno, calci e pugni su tutto il corpo, tanto che gli sara' riscontrata la frattura di una costola oltre ad una grossa bruciatura sul volto causata da un ferro rovente. Il piu' feroce dei suoi carcerieri, uno dei cinque agenti rinviati a giudizio, che avrebbe agito spesso sotto effetto di alcol e droga, nel corso di un pestaggio gli strappa con le mani i capelli che Renne aveva raccolti in un codino sulla nuca.
Tra il dicembre 2004 e il febbraio 2005 anche Andrea Cirino viene tenuto in isolamento, per 20 giorni, e gli viene negata l'acqua. La notte, racconta, gli agenti gli impediscono di dormire battendo le grate della cella, di giorno viene picchiato ripetutamente. Cirino, in seguito, ha tentato il suicidio per impiccagione.
''Dalle intercettazioni e dalla relazione di polizia giudiziaria emergono particolari inquietanti'', afferma Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, che ha chiesto di costituirsi parte civile al processo. ''Nel carcere di Asti - aggiunge - vigeva una cultura diffusa di violenza da parte dei poliziotti e di indifferenza da parte di medici e direttore''. Un assistente di polizia penitenziaria dello stesso carcere nel 2006 testimonia: ''Nel caso in cui i detenuti risultino avere segni esterni delle lesioni, spesso i medici di turno evitano di refertarli e mandano via il detenuto dicendogli che non si è fatto niente o comunque chissà come si e' procurato le lesioni. Inoltre lo convincono a non fare la denuncia dicendogli che poi vengono portati in isolamento e picchiati nuovamente''. In una intercettazione ambientale tra uno degli imputati e un altro agente del carcere, il primo afferma: ''Ma che uomo sei..devi avere pure le palle..lo devi picchiare..lo becchi da solo e lo picchi..io la maggior parte di quelli che ho picchiato li ho picchiati da solo...''.
''Personalmente non ci credo''. Donato Capece, segretario del maggiore sindacato di polizia penitenziaria (il Sappe), prima di dire la sua sul rinvio a giudizio di cinque agenti nel carcere di Asti per presunte violenze su due detenuti, chiede delucidazioni al rappresentante sindacale locale. I due detenuti che hanno denunciato di aver subito vessazioni tra il 2004 e il 2005 ''avevano aggredito i nostri agenti - riferisce Capece - e per questo sono stati mandati in isolamento. Probabilmente c'e' stata una colluttazione''. Tuttavia pur dicendosi scettico sulla veridicita' delle accuse mosse agli agenti, il segretario del Sappe si affretta a precisare: ''Non vogliamo dare l'impressione di coprire qualcuno. Perciò, se gli agenti hanno usato le maniere forti, e' giusto che ne rispondano all'autorita' giudiziaria. E' facile sparare contro la Croce Rossa e contro la polizia penitenziaria. I fatti - conclude Capece - vanno prima accertati''