Dopo la polemica su Facebook

Pierluigi Diaco: "Sallusti sbaglia a giustificare chi ha ucciso ma Giuliani non è una vittima"

La polemica innescata da alcuni post sul suo profilo Facebook ripresi dal Corriere. Gli utenti d'accordo con la frase del direttore del Giornale: "Hanno fatto bene a sparargli"

21 Ott 2011 - 17:33
 © Facebook

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“Hanno fatto bene a sparare a Carlo Giuliani”. Tutto comincia da questa frase del direttore del Giornale Alessandro Sallusti a “Matrix”. Il giornalista Pierluigi Diaco commenta sul suo profilo Facebook e, come accade spesso, il suo post insieme a quelli degli utenti vengono rilanciati in un articolo di un giornale on line. A fare discutere è soprattutto l'uscita di un sedicente poliziotto: “Fossi stato io l’avrei calpestato e tritato le ossa con la nostra camionetta”.

Diaco, merita una risposta il commento del poliziotto?
Ribadisco quanto già scritto sulla mia bacheca di Facebook: sono parole terribili, ingiustificabili, gravissime. Che offendono tutti i suoi colleghi e si prestano ad ogni tipo di critica.

E le parole di Sallusti sono più tollerabili?
Sallusti l’ha detta male. Un’affermazione forte e sgradevole ma – come ho già scritto – reputo vergognoso che Carlo Giuliani venga ancora considerato come un manifestante vittima della polizia. Giuliani è vittima di un’ideologia sbagliata che inculca odio verso chi rappresenta le regole e lo stato. La rabbia dovrebbe essere incanalata in una direzione costruttiva.

Il commento del presunto poliziotto non è stato l’unico, sono in molti a schierarsi con Placanica, il carabiniere che ha sparato, che spiegazione possiamo dare a tanta passione?
La rete funziona come un grande registratore dell’umoralità delle persone. Le parole si fissano e – come in questo caso – vengono rilanciate dai grandi media. Che citano quello che accade in rete. Questo è il meccanismo. Nel caso specifico sono stati gli scontri di Roma a riaccendere l’attenzione sul caso Giuliani.

Che cosa accomuna Carlo Giuliani, e gli altri manifestanti del G8, a chi è sceso in piazza a Roma?
In entrambi i casi le minoranze violente hanno bypassato le istanze, legittime, dei manifestanti. La violenza è sempre da condannare. In comune c’è il rifiuto dello stato e della politica. Una disillusione che rende incapaci di costruire e che porta a pensare che si esista solo in quanto alternativi allo stato.

Esiste una strada alternativa per manifestare il dissenso?
Io credo nelle rivoluzioni gentili. Quelle che si fanno dentro i palazzi del potere. I giovani dovrebbero tornare a credere nella democrazia, dovrebbero tornare a fare politica. Trasformare le loro idee in politica. La soluzione non può essere solo nella protesta di piazza. Le idee possono diventare politica e Grillo, anche se non condivido le sue posizioni, è la dimostrazione che è possibile.

Non crede che la cronaca recente, da Atene a Londra, racconti una storia diversa?
Che le tante persone in piazza descrivano una rabbia che non trova altri canali per esprimersi? No, non credo che i giovani siano soltanto quelli. Nel mio lavoro ne incontro tanti altri, tra i 20 e i 35 anni, che faticano, studiano e si sforzano di cambiare le cose con il loro lavoro. C’è una maggioranza silenziosa che non viene rappresentata. Tanti sono iscritti ai partiti, fanno gli assistenti universitari, creano società di comunicazione. Ci sarebbero tanti spazi e tanti modi per manifestare il dissenso in modo legale e costruttivo. Per esempio cavalcando quella stessa rivoluzione digitale che ci porta ad essere qui, ora, a discutere di un post su Facebook.

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