Nessuna commemorazione pubblica a tre anni dall'uccisione della 56enne, ma una missiva piena di dolore. Il 17 settembre la Cassazione si pronuncerà sull'ergastolo a Giovanni Padovani
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Il 17 settembre la Cassazione emetterà la sentenza sul caso di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa il 23 agosto 2022 sotto casa sua a Bologna con calci, pugni, martellate e colpi di panchina. In appello è stato confermato l'ergastolo all'ex compagno Giovanni Padovani. In occasione dell'anniversario del femminicidio, la famiglia della vittima ha scritto e pubblicato una lettera: "Cara Sandra, sono passati tre anni dalla tua scomparsa. Una terribile morte che ti ha strappato alla vita e all'amore dei tuoi cari. Un atroce femminicidio che ha ferito tutta la città di Bologna e tutta Italia".
"Sai Sandra, tutta Bologna ci è sempre stata vicino e ci ha dato la forza per andare avanti in questi anni. Vogliamo che per te sia fatta giustizia", si legge ancora nella missiva. "Noi saremo in Cassazione a Roma, affinché la giustizia riconfermi l’ergastolo al tuo assassino. Sandra la tua voce, la tua risata, il tuo altruismo, la tua voglia di vivere è sempre con noi. Continueremo a lottare per te e per tutte le donne che ogni giorno vengono assassinate. Dopo la sentenza insieme alla nostra città organizzeremo un momento in cui ti ricorderemo".
I familiari della donna hanno preferito scrivere queste parole, invece di organizzare una commemorazione pubblica. Lo ha spiegato la sorella di Alessandra, Stefania: "Il dolore è sempre uguale, ma probabilmente l'angoscia per l'avvicinarsi della sentenza definitiva mi mette una tensione che non riesco a sopportare. Finché non sentirò ancora la parola ergastolo, non sarà fatta giustizia per mia sorella".
In attesa dell'ultimo grado di giudizio, la difesa di Giovanni Padovani ha chiesto di non confermare le aggravanti dello stalking e della premeditazione, sostenendo che il femminicidio è avvenuto nel contesto di una relazione disfunzionale e tossica. Per i suoi legali, l'uomo soffrirebbe di gravi disturbi psichici di tipo schizofrenico. La perizia psichiatrica disposta in primo grado ha però offerto un quadro del tutto diverso, accertando la capacità di intendere e di volere da parte di Padovani. Tuttavia, la difesa ha contestato questi esami sostenendo che non tutti sono stati portati a compimento, a causa del rifiuto dell'imputato di parlare con gli specialisti incaricati dalla Corte d'Assise.