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L'azienda Mivar chiude i battenti:"La regalo a chi assume operai italiani"

La storica azienda milanese che dal 1945 produceva televisori ha dovuto piegarsi alla concorrenza delle multinazionali estere . Ma il proprietario ha ancora una speranza...

clericus cup
dal-web

La Mivar, la storica azienda che produce televisori dal 1945 ad Abbiategrasso ha chiuso i battenti. Un'altra delle tante attività italiane che non è riuscita a competere con la grande concorrenza delle multinazionali estere. Carlo Vichi, il proprietario 90enne che ha dato lavoro a anche a 900 persone, adesso guarda la sua fabbrica ormai vuota da due mesi. E lancia l'idea: "Regalo tutto a chi garantisce lavoro a operai italiani".

"Ho un sogno - ammette oggi l'anziano imprenditore - Poter dire ricominciamo a quanti ho detto è finita. E per farlo, un'idea c'è. Se una società di provata serietà accetta di fare televisori in Italia, io gli offro la mia nuova fabbrica, pronta e mai usata, gratis. Non voglio un centesimo. Ma chiedo che assuma 1200 italiani, abbiatensi, milanesi. Questo chiedo. Veder sorridere di nuovo la mia gente". Mentre pronuncia queste frasi, Vichi viene preso dalla commozione.

Dal sogno al capannone vuoto - La nuova fabbrica, costruita con anni di sacrifici economici per garantire ai suoi dipendenti (la maggior parte dei quali proprio di Abbiategrasso) un luogo accogliente, funzionale e all'avanguardia dove lavorare, è solo un enorme capannone vuoto senza macchinari. Due piani, 120mila metri quadri totali, parcheggi, una grande mensa e un presidio medico, un fabbricato dove possono lavorare 1.200 persone.

L'edificio è finito ormai da dieci anni, costruito senza mutuo, costato milioni di euro e mai inaugurato. Nella vecchia fabbrica lavoravano 900 persone, producevano 5.460 televisori al giorno, un milione l'anno. Vichi ha dedicato tutta la sua vita alla sua gente e alle sue televisori. Non c'erano sabati e domeniche e feste comandate. La sua casa era la fabbrica, da sempre. E' rimasto sempre in prima linea, in trincea.

E anche ora che guarda la sua fabbrica e il lavoro di una vita andato perso non si rammarica: "Non odio la fabbrica, mi ha dato il pane, a me, e ai miei operai."