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La verità di Gioacchino La Barbera Pentito: a Capaci mafia non agì sola

In unʼintervista a "Repubblica" lʼex boss che sistemò il tritolo per lʼattentato parla di riunioni tra Totò Riina e ex ministri democristiani

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Durante la preparazione della strage di Capaci, con noi "c'era un uomo sui 45 anni che non era dei nostri... Arrivò con Nino Troia, il proprietario del mobilificio di Capaci dove fu ucciso Emanuele Piazza, giovane collaboratore del Sisde che voleva fare l'infiltrato". Così Gioacchino La Barbera, il boss che sistemò il tritolo per l'attentato. Il pentito parla anche di riunioni "con generali e di incontri tra Riina ed ex ministri democristiani".

La Barbera, in un'intervista a La Repubblica, conferma quindi le dichiarazioni già fatte del boss Francesco di Carlo, che aveva parlato anche di P2.

L'ex boss torna anche torna anche sulla morte di Nino Gioè: "Non so se si è suicidato". "Sapevo che avevano fatto dei verbali con lui. Gioè stava collaborando, ne sono certo". Se potrebbe essere lo stesso uomo che tradì Piazza, quindi un uomo dei servizi? "In questi anni mi hanno mostrato centinaia di fotografie ma non l'ho mai riconosciuto... Evidentemente mi hanno mostrato quelle sbagliate".

"Collaborazione tra mafia e servizi segreti" - Se per l'omicidio Lima c'è stata una collaborazione dei servizi segreti? "Ci fu. C'erano uomini dei servizi sul Monte Pellegrino". L'omicidio Mattarella? "Per quel che ne so io, fu voluto da politici".

Il caso Vincenzo Scarantino - La Barbera torna anche su Vincenzo Scarantino, l'uomo che fu costretto sotto tortura a confessare di aver partecipato all'attentato contro Paolo Borsellino per sviare le indagini: "All'inizio della mia collaborazione mi fu proposto di fare un confronto audio visivo con lo stesso Scarantino alla presenza dei carabinieri", "funzionari della Dia e i magistrati di Caltanissetta". "Durante il confronto lo sbugiardai". "Di quel confronto non c'è traccia: sono spariti verbali e registrazioni".

I documenti di Riina finiti nelle mani di Messina Denaro - Racconta infine come sparirono i documenti dalla villa di Riina: "dopo il suo arresto accompagnai, insieme a Nino Gioè, i figli e la moglie di Riina fino alla stazione". "Poi seguii la pulizia e l'estrazione della cassaforte dalla villa"; secondo La Barbera tutto ciò che era stato trovato in cassaforte fu messo in un'auto "che ritirò Matteo Messina Denaro".