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Coppia acido, il memoriale di Martina: "Eʼ colpa mia, è giusto che paghi"

Il testo diffuso dalla trasmissione "Quarto Grado": "Volevo mostrare ad Alex chi era la donna che aveva scelto come compagna"

Martina Levato Alexander Boettcher
polizia

"Alexander non era in via Carcano per caso. Era lì perché gli ho dato appuntamento io, travolgendolo in una vicenda molto grave". E' quanto scrive nel suo memoriale Martina Levato, l'ex bocconiana condannata a 14 anni insieme a Boettcher per un'aggressione con l'acido. Il testo, diffuso dalla trasmissione "Quarto Grado", narra i dettagli della vicenda di Pietro Barbini. "Per tutto questo e per i danni causati a Pietro, mi sento enormemente in colpa ed è giusto che paghi" scrive

Ecco la trascrizione integrale del documento reso noto dalla trasmissione di ReteQuattro:

"Illustrissimo Presidente, vorrei tramite questo mio scritto, ricostruire la dinamica del fatto del 28 dicembre 2014 che mi ha visto partecipe. Quel giorno io e Alexander ci svegliamo verso mezzogiorno e decidiamo di andare a mangiare in un ristorante cinese. Con la scusa di aver dimenticato il mio telefono a casa dico ad Alexander che ho necessità di recuperarlo e che ci possiamo vedere direttamente per le 18 in via Carcano, dove avrei dovuto incontrare Pietro Barbini. Alexander pare un po' perplesso e preoccupato, tuttavia non mi pone molte domande. Si accontenta della mia giustificazione, ossia che volevo parlare e chiarirmi con Pietro

In realtà non mi reco a recuperare il mio telefono, ma raggiungo ancora Magnani sotto casa sua. È già in macchina e mi sta aspettando. Ha nell'auto le bottiglie di acido. Con lui mi sono accordata circa una settimana prima del fatto. Andrea parlava della sua partecipazione a “squadre di volontariato” (così le chiamava), che aiutavano le persone in difficoltà, punendo gli aggressori con la violenza. Quindi gli dico che ho bisogno di aiuto con un ragazzo che mi disturba da anni. E gli chiedo di non dire nulla ad Alexander. Andrea è subito disponibile e interessato e mi propone di usare alcune sostanze caustiche per colpirlo. Non avevo intenzione di fare un danno a Pietro. Volevo semplicemente spaventarlo.

Nei giorni seguenti Andrea lo chiama due o tre volte dal call center, con la scusa di consegnargli un pacco il 28 dicembre in via Carcano 14 alle 18. Una volta che arriviamo sul posto, lui posiziona l'auto e consiglia di stare in silenzio e immobili ad aspettare Pietro. Pietro arriva alle 17.30 in anticipo rispetto all'appuntamento. Io e Andrea scendiamo dalla macchina e attraversiamo la strada. Andrea lancia l'acido per primo mirando al volto di Pietro. Io effettuo un lancio colpendo Pietro all'altezza delle spalle e al collo. Nel tentativo del secondo lancio, Magnani colpisce anche me e mi ferisce sulle gambe e sulla regione lombare e a quel punto Pietro corre e grida “Polizia! Aiuto!” e si dirige verso il padre. Io sono presa dal panico e sento un forte bruciore alle gambe perciò urlo di dolore mentre riattraverso la strada e torno verso la macchina cercando di mettermi al riparo. Intanto vedo passare un ragazzo alto che corre a forte velocità, riconosco Alexander ma non riesco a fermarlo poiché non faccio in tempo. Andrea torna alla macchina, prende qualcosa da terra e ritorna da Pietro. Ripete questo gesto per circa quattro volte. Io sono frastornata e disorientata, mi dimentico totalmente di Alexander. Ho solo fretta di tornare a casa. Finalmente Andrea arriva, parte e andiamo a casa sua. Io mi precipito sotto la doccia per togliermi l'acido dalle gambe. Sono frastornata e inizio a capire che è successo qualcosa di molto grave. Chiedo ad Andrea di chiamare Alexander. Il telefono suona a vuoto e mi agito ancora di più. Scopro cosa è successo ad Alexander soltanto la mattina seguente quando ci troviamo in aula di Tribunale.

È ovvio che Alexander non era in via Carcano per caso. Era lì perché gli ho dato appuntamento io, travolgendolo in una vicenda molto grave. Ho coinvolto Alexander in primo luogo perché non sapevo realmente a cosa andavo incontro e ho voluto che fosse presente per potermi aiutare se mi fosse successo qualcosa. E poi volevo che in quel momento, potenzialmente drammatico, lui fosse presente per non avere segreti e per fargli vedere realmente chi era la donna che aveva scelto come compagna.

Per tutto questo e per i danni causati a Pietro Barbini, mi sento enormemente in colpa ed è giusto che paghi.

Con profonda stima, Martina Levato"