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Andrea Cofferati: la fine del matrimonio, la depressione e poi la scomparsa dal 2003

A raccontare la sua storia è lo zio, oggi presidente di Penelope Lombardia: “L'associazione prova ad aiutare le famiglie delle persone sparite”

Andrea Cofferati, vite sospese, persone scomparse
tgcom24

Dal pomeriggio dell'11 novembre del 2003 non si sa più nulla di Andrea Cofferati, il 33enne scomparso a Valmadrera, Lecco. Castano di occhi e di capelli, 165 centimetri di altezza e lo sguardo triste di chi stava affrontando la separazione dalla moglie. A raccontare la sua anomala quanto repentina e inattesa sparizione è lo zio Gabriele Schiavini, oggi in prima linea nella ricerca delle persone scomparse in qualità di presidente dell'associazione Penelope Lombardia.

Andrea Cofferati: la fine del matrimonio, la depressione e poi la scomparsa dal 2003

Era al lavoro nell'azienda di famiglia, in compagnia del fratello e del padre - racconta a Tgcom24 Gabriele. - Intorno alle 16 dice al fratello 'esco un attimo', senza motivare l'uscita, senza nemmeno prendere la giacca. L'attimo è diventato lungo dieci anni e mezzo. Diverse le segnalazioni di avvistamento. Anche di una coppia che gli avrebbe dato un passaggio in auto. Invece poi non c'è stato alcun seguito. Spesso le segnalazioni si rivelano false o inattendibili. Sicuramente era un po' depresso perché il suo matrimonio era finito male, ma credo che fosse normale. Soffriva la situazione, ma era tornato ad abitare con la vecchia famiglia che gli stava dando il calore venuto a mancare dalla nuova. È uscito in maniche di camicia, nel mese di novembre. Non proprio l'abbigliamento migliore per una fuga lunga e pianificata. Aveva con sé il cellulare, i documenti e forse un'ottantina di euro”.

Cos'è successo allora ad Andrea? Le ricerche non hanno dato alcun esito. “Quando una persona scompare con queste modalità - continua Schiavini - ci sono solo tre opzioni: che sia scappata alle Maldive, ma si tratta dello 0,1% dei casi, che si sia suicidata oppure che abbia scelto di cambiare vita disconnettendosi dalla realtà alla quale apparteneva. La crisi economica accelera i processi, amplifica le ansie e le fobie. Da poco per mio nipote c'è stata la dichiarazione di morte presunta che a norma di legge avviene dopo 10 anni dalla scomparsa. Ma la morte avviene soltanto per la legge, non per la famiglia che continua a sperare, ad attendere un cenno”.

Dopo avere vissuto sulla propria pelle la scomparsa di un congiunto, Gabriele Schiavini ha scelto la strada dell'impegno personale a fianco di chi aspetta un caro risucchiato nel nulla. Da quasi otto anni presiede infatti, la divisione lombarda di Penelope, l'associazione creata da Gildo Claps, fratello di Elisa. “Il nostro intendimento - argomenta - non è quello di partecipare alla ricerca di una persona sparita, ma di dare aiuto concreto alla famiglia che piomba nell'angoscia più nera e spesso finisce allo sbando. La denuncia, l'attenzione dei media, gli appelli, l'adrenalina lasciano presto il posto allo sconforto e in quel momento allora c'è bisogno di un'assistenza concreta. Penelope dà proprio quella: un orecchio che ascolta gli sfoghi, una spalla su cui piangere, una consulenza legale e psicologica”.

Il dramma di una scomparsa genera reazioni diverse nelle diverse famiglie in cui esso esplode. Il supporto quindi deve essere adeguato alle esigenze dei parenti: “Ci sono mamme che non hanno la capacità di elaborare l'assenza, altre reagiscono meglio e la speranza alimenta la ricerca. In questi casi c'è fiducia nelle forze dell'ordine e nelle segnalazioni dei media: l'attenzione generale sul caso fa sperare. In altri casi, invece, lo sconforto è totale. In tutte le situazioni però, il dolore più profondo, il vero dramma è il posto vuoto a tavola”.

Continuare a fare appelli può davvero facilitare il ritrovamento di chi è un fantasma da anni e anni? Conclude Schiavini: “Tutto quello che può tenere desta l'attenzione sugli scomparsi è utile. Gli appelli o le fiaccolate sono forme di spinta e di ricordo. Sicuramente sono un aiuto psicologico alle famiglie che esternano così il proprio dolore. Ma c'è anche una funzione di stimolo, di richiamo all'autorità a insistere con le ricerche".