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Forlì, 16enne suicida accusa i genitori in video-testamento: chieste condanne

Lʼadolescente in un video girato con il telefonino prima di buttarsi dal tetto della scuola accusa mamma e papà di "averla odiata". Il pm ha chiesto sei anni per Roberto Raffoni, due anni e mezzo per la moglie

Forlì, 16enne suicida accusa i genitori in video-testamento: chieste condanne - foto 1
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Sei anni per Roberto Raffoni, per istigazione al suicidio e maltrattamenti fino alla morte.

Due anni e mezzo per la moglie Rosita Cenni, accusata del reato di maltrattamenti. E' quanto ha chiesto il pm di Forlì in merito al suicidio di una 16enne che, in un video girato col telefonino e in una lettera, accusa i genitori di "averla odiata", poco prima di togliersi la vita, il 17 giugno 2014, buttandosi dal tetto di una scuola.

Verso la fine della requisitoria del pm Sara Posa, che ha coordinato l'accusa con il collega e procuratore reggente Filippo Santangelo, è stato fatto sentire, a porte chiuse, un estratto del lungo filmato girato dall'adolescente, Rosita Raffoni, col suo telefonino, fino a quando la batteria non si scaricò, poco prima del gesto estremo, il 17 giugno 2014. Dalla sua voce, spesso rotta dalle lacrime, i giudici hanno potuto ascoltare le accuse.

La 16enne dice ai genitori di averla odiata e aggiunge che, proprio per questo, il suo suicidio a loro non dispiacerà tanto. Non piangeranno, insomma, perché di lei non è mai importato nulla. Rosita, anche nello scritto, usa spesso la parola "odio", come quando invita padre e madre a chiedersi se una parte dell'odio che lei, uccidendosi, rivolge su di sé, non possa essere quello ricevuto da loro.

Soprattutto verso il padre. C'è anche tanto rimpianto per la vita e i sogni interrotti, ma la convinzione che così è impossibile andare avanti. Rosita ribadisce che i genitori non l'hanno mai capita, conosciuta, né accettata per quello che era e che la sua ultima volontà è quella di lasciare un segno. Ma dice anche che le dispiace lasciare la vita, che avrebbe voluto fare tante cose, andare all'estero, avere un ragazzo, rendere felice qualcuno. E poi che non ce la fa più a continuare a vivere in quel modo, come "segregata".

Rosita sembra consapevole che i suoi messaggi potrebbero portare problemi, forse una denuncia, per i genitori. Ma forse solo così, lascia intendere, potranno capire le ragioni della sua decisione. I destinatari dei messaggi sono i genitori e le forze dell'ordine. Ai primi cerca, per l'ennesima volta, con disperazione e rabbia, di far capire quanto si sia sentita sola, incompresa, ignorata, privata della possibilità di vivere relazioni ed esperienze proprie dell'età; agli altri, gli investigatori, chiede di far luce su quello che è successo.