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Caso Abu Omar, condannata l'Italia: "Ha permesso che fosse torturato"

La sentenza, emessa dalla Corte europea dei diritti umani, sostiene che Roma, sapendo che era in atto un operazione clandestina, ha violato il diritto dellʼex imam di non essere sottoposto a maltrattamenti

Caso Abu Omar, condannata l'Italia:
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La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per il rapimento e la detenzione illegale di Abu Omar.

"Tenuto conto delle prove, la Corte ha stabilito che le autorità italiane erano a conoscenza che l'ex imam era stato vittima di un'operazione di 'extraordinary rendition'", ha affermato la Corte, spiegando che l'Italia ha così di fatto violato il diritto di Abu Omar a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti.

La "extraordinary rendition" (cioè l'azione clandestina da parte della Cia) è cominciata secondo Strasburgo "con il rapimento di Abu Omar in Italia ed è continuata con il suo trasferimento all'estero".

Inoltre, l'Italia ha applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili per il rapimento, la detenzione illegale e i maltrattamenti ad Abu Omar "non dovessero rispondere delle loro azioni". Secondo la Corte europea dei diritti umani "nonostante gli sforzi degli inquirenti e giudici italiani, che hanno identificato le persone responsabili e assicurato la loro condanna, questa è rimasta lettera morta a causa del comportamento dell'esecutivo".

L'Italia, secondo i giudici di Strasburgo, ha inoltre violato il diritto dell'ex imam e della moglie al rispetto della vita familiare. I giudici hanno quindi stabilito che l'Italia deve pagare 70mila euro a Abu Omar e 15mila a sua moglie per danni morali.

Se Roma non chiederà e otterrà dalla Corte di Strasburgo un nuovo esame davanti alla Grande Camera, la sentenza diverrà definitiva tra tre mesi.

Il rapimento di Abu Omar - Era il 17 febbraio del 2003 quando l'imam Abu Omar, cittadino egiziano che aveva ottenuto l'asilo politico in Italia, venne rapito a Milano da alcuni agenti della Cia e trasferito in Egitto, dove fu recluso. Il religioso ha raccontato di essere stato torturato nel corso degli interrogatori e di essere stato detenuto per anni senza che gli venissero formalizzate accuse. Il 20 aprile 2004, Abu Omar venne liberato con l'intimazione di non parlare con nessuno di ciò che gli era successo. Meno di un mese dopo fu nuovamente arrestato. Trasferito in diverse prigioni, è stato rilasciato definitivamente nel febbraio 2007.

Per accertare le responsabilità nella vicenda Abu Omar ci furono lunghi processi. Nel novembre 2009 il tribunale di Milano condannò in contumacia 22 operativi Cia e un ufficiale dell'esercito Usa per il rapimento di Abu Omar, sottolineando che l'operazione era stata a conoscenza delle autorità italiane, che avevano dato un tacito consenso, anche se il segreto di Stato impediva ulteriori indagini.

Tre ufficiali del Sismi (l'allora servizio segreto militare) furono condannati per depistaggio, mentre le condanne dei vertici del servizio furono annullate dalla Cassazione, sempre sulla base del segreto di Stato. Due agenti della Cia sono stati graziati prima dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano e poi da Sergio Mattarella. Nè Abu Omar nè la moglie hanno ricevuto i risarcimenti previsti dalla sentenza, un milione di euro a lui, 500mila euro a lei.