I dirigenti raggiungono i 163.643 euro annui mentre i camerieri si fermano a 11.233 euro: un divario di oltre 14 volte. Crescono soprattutto i settori che pagano peggio: ristorazione, commercio e costruzioni
© Istockphoto
Nel 2024, l'Osservatorio statistico dell'INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato restituisce un'immagine nitida della struttura salariale italiana. Con 17,7 milioni di lavoratori censiti (in aumento del 2% rispetto al 2023), emerge un quadro complesso dove la crescita dell'occupazione convive con profonde disuguaglianze retributive. La retribuzione media annua si attesta a 24.486 euro, in crescita del 3,4% rispetto al 2023, ma i numeri complessivi nascondono differenze abissali tra i diversi settori e categorie professionali.
Alla base della piramide salariale si trovano gli apprendisti, intrappolati nella fascia più bassa delle retribuzioni con una media annua di circa 14.610 euro, nonostante rappresentino uno dei principali canali d'ingresso nel mondo del lavoro. Il numero di apprendisti nel 2024 è pari a 649.396 unità, in diminuzione del 2,4% rispetto al 2023, pur mantenendo retribuzioni in crescita del 3,6%.
Poco sopra gli apprendisti si collocano gli operai, con 9.850.462 lavoratori (il 56% del totale) e una retribuzione media di 18.227 euro annui. Una cifra che fotografa il cuore produttivo del Paese, ma anche il suo limite strutturale, poiché riguarda quasi dieci milioni di persone. Gli operai hanno registrato un aumento di occupazione del 2,3% e una crescita retributiva del 3,3%, lavorando in media 231 giornate l'anno.
Per trovare un vero salto qualitativo nella gerarchia salariale, bisogna attendere l'arrivo degli impiegati, la categoria più numerosa dopo gli operai con 6.490.467 lavoratori (il 37% del totale). La retribuzione media degli impiegati raggiunge i 27.797 euro annui, rappresentando la prima soglia di accesso a un reddito che consenta una maggiore stabilità economica. Gli impiegati hanno visto una crescita occupazionale dell'1,8% e un aumento salariale del 3,3%, con una media di 267 giornate retribuite durante l'anno.
Dalla metà della classifica in su, i numeri cambiano completamente prospettiva. I quadri, pur rappresentando una quota minoritaria (552.934 lavoratori, il 3,1% del totale), sfondano i 72.279 euro annui, con un aumento occupazionale del 4,2% e una crescita salariale del 3,3%. Lavorano in media 301 giornate l'anno, il massimo tra tutte le categorie.
I dirigenti, infine, rappresentano la vetta della piramide con 141.718 lavoratori (lo 0,8% del totale) e una retribuzione media straordinaria di 163.643 euro annui, oltre sei volte superiore a quella di un operaio. L'aumento occupazionale è stato del 2,6%, con una crescita salariale più modesta del 2,3%, ma con 297 giornate retribuite. Un dirigente guadagna, in un anno, quanto nove operai o undici apprendisti, non solo in termini economici, ma rappresentando un'altra traiettoria sociale completamente diversa.
Nel mezzo si colloca la categoria eterogenea di chi rientra sotto la voce "altro", con 46.025 lavoratori e una retribuzione media di 34.070 euro annui (con crescita dell'1,0%). Rappresenta un territorio di passaggio tra il lavoro amministrativo e quello di responsabilità intermedia, con 235 giornate retribuite e un aumento occupazionale del 2,2%.
La struttura retributiva dell'Italia segue una chiara geografia territoriale. Il Nord-ovest mantiene il primato con 28.852 euro di retribuzione media annua, seguito dal Nord-est con 25.723 euro. Il Centro scende a livelli inferiori, mentre il Mezzogiorno registra le retribuzioni più basse, rispecchiando una configurazione che continua a riflettere la diversa composizione dei sistemi produttivi regionali.
L'occupazione si concentra maggiormente nelle aree del Nord, dove il 31,4% dei lavoratori dipendenti lavora nelle regioni del Nord-ovest e il 23,3% in quelle del Nord-est. Il Centro accoglie il 20,7% dei lavoratori, mentre il Mezzogiorno rappresenta il 17,2%, una disparità che sottolinea le differenze strutturali tra le regioni italiane.
Una delle evidenze più significative riguarda il gap salariale di genere. Nel 2024, i lavoratori maschi rappresentano il 57% del totale con una retribuzione media annua di 27.967 euro, mentre le lavoratrici percepiscono una retribuzione media annua di 19.833 euro. Il divario supera gli 8milaeuro annui, pari a oltre il 29% di differenza.
Questo gap si amplia ulteriormente con il part-time: un terzo dei dipendenti (33%) ha avuto almeno un rapporto part-time durante l'anno, con uno squilibrio di genere drammatico. Il 49% delle donne ha lavorato con contratti part-time, rispetto al 21% degli uomini. Il part-time orizzontale coinvolge 3,6 milioni di lavoratori, di cui il 67,1% donne, mentre nelle forme miste la quota femminile supera il 70%.
Questa combinazione di salari più bassi e contratti part-time alimenta il fenomeno del lavoro povero: sotto i 20mila euro restano il 46,1% dei dipendenti. La percentuale scende drasticamente al 27,1% se si guarda solo a chi lavora sempre a tempo pieno, evidenziando come part-time e contratti brevi continuino a deprimere i redditi, soprattutto delle donne.
La retribuzione media aumenta al crescere dell'età, almeno fino alla classe 55-59 anni. Le fasce d'età più giovani registrano i salari più bassi, mentre i professionisti con maggiore esperienza beneficiano di retribuzioni significativamente più elevate. Questo fenomeno si osserva trasversalmente in tutte le categorie professionali e riflette il valore che il mercato attribuisce all'esperienza lavorativa.
La classifica per settore economico rivela disparità ancora più marcate di quelle professionali. Al vertice si collocano le attività finanziarie e assicurative, con una retribuzione media di 56.429 euro annui e quasi un anno pieno di giornate retribuite (297). La specializzazione tecnica e i livelli di continuità lavorativa molto elevati caratterizzano questo comparto.
A seguire, l'estrazione di minerali da cave e miniere propone salari di 51.530 euro con 289 giornate retribuite, mentre la fornitura di energia elettrica e gas raggiunge i 50.015 euro con 296 giornate. Questi settori si caratterizzano per la forte specializzazione tecnica e per contratti molto stabili nel tempo.
La manifattura, cuore dell'economia italiana, registra una retribuzione media di 32.487 euro con 277 giornate retribuite, coinvolgendo 4.003.396 lavoratori. La fornitura di acqua e gestione rifiuti si attesta a 30.525 euro con 283 giornate, mentre il trasporto e magazzinaggio raggiunge i 27.199 euro con 261 giornate.
I servizi di informazione e comunicazione, fondamentali nell'economia moderna, propongono 35.227 euro ma registrano una contrazione occupazionale dell'1,2%, segno di trasformazioni strutturali. Le attività professionali, scientifiche e tecniche offrono 28.855 euro con 264 giornate e sono tra i settori in crescita (4,7%).
Le costruzioni, settore strategico per l'occupazione, pagano 22.106 euro con 233 giornate, registrando una crescita occupazionale del 3,0%. Nel commercio al dettaglio e riparazione di autoveicoli i salari medi sono di 23.577 euro con 261 giornate, con una crescita del 2,6%.
Sul lato opposto della scala si collocano gli addetti della ristorazione e degli alberghi, considerati tra i settori peggio retribuiti. Con appena 11.233 euro annui e soltanto 183 giornate retribuite, i lavoratori del turismo e della ristorazione affrontano salari bassissimi e contratti estremamente brevi. Eppure, questo settore ha registrato un aumento occupazionale del 5,2%, il massimo tra tutti i comparti, con ben 100.022 nuovi lavoratori nel 2024.
Le attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento offrono 15.628 euro con appena 164 giornate, mentre l'istruzione (comprendente le supplenze della scuola pubblica e l'istruzione privata) arriva a 16.451 euro con 215 giornate, registrando una contrazione dello 0,8%. Le attività di famiglia e convivenze si fermano a 16.149 euro con 259 giornate e una contrazione del 2,5%. Il noleggio e le agenzie di viaggio propongono solo 16.485 euro con 220 giornate, mentre la sanità e assistenza sociale raggiungono 18.720 euro con 257 giornate (crescita del 3,1%).
Nel 2024, ben 758.699 lavoratori (in aumento del 4,9%) vivono di lavoro intermittente, affrontando una realtà completamente diversa rispetto ai dipendenti a tempo pieno. Questi lavoratori operano in media solo 48 giorni all'anno, portando a casa appena 2.648 euro annui. Più della metà sono impiegati in settori come turismo e ristorazione, dove la stagionalità detta legge.
L'intermittenza è il gradino più basso della stabilità lavorativa, quello che rende visibile la distanza abissale tra l'essere "occupati" statisticamente e l'avere un lavoro vero e proprio. La presenza femminile è leggermente prevalente tra gli intermittenti, e il profilo retributivo aumenta al crescere dell'età, con importi più elevati nelle classi mature (60-64 anni e oltre 65).
I lavoratori in somministrazione nel 2024 sono 915.062 (in calo del 2,5% rispetto al 2023), caratterizzati da una retribuzione media di soli 10.578 euro con 133 giornate di lavoro. Quasi il 70% si concentra al Nord, dove industria e logistica cercano forza-lavoro variabile ma costante.
Nel segmento della somministrazione prevale la componente maschile, ma con un divario di genere ancora più marcato che negli intermittenti: gli uomini guadagnano 11.839 euro mentre le donne 8.889 euro. Le retribuzioni variano sensibilmente per età, con picchi diversi tra generi: gli uomini raggiungono i valori più alti nella fascia 35-39 anni, mentre per le donne il picco si registra tra i 30 e i 34 anni.
Chi vive di somministrazione resta spesso lontano dai livelli retributivi degli impiegati, per non parlare dei quadri, evidenziando come questa forma contrattuale rappresenti una soluzione precaria e a basso reddito per molti lavoratori.
Nel 2024, l'agricoltura registra numeri sorprendenti con 1.019.177 operai agricoli (in aumento del 2,4%), con punte del 10,6% nel Veneto e del 7,6% nel Lazio. Il Nord registra un aumento del 5,1% mentre il Centro del 6,1%, segnalando una crescita diffusa.
Tuttavia, il settore assume più manodopera ma perde imprese (–1,1%): emergono meno aziende, ma più grandi e strutturate. Gli autonomi agricoli scendono a 414.746 (–1,9%), schiacciati dal peso dei pensionamenti e da un ricambio generazionale che fatica ad arrivare. Anche in agricoltura la classifica salariale fa da bussola: più si sale verso figure qualificate e stabili, più le retribuzioni crescono; più si scende verso lavori stagionali o frammentati, più si torna alle fasce basse della piramide.
Il 2024 registra un leggero spostamento verso l'alto delle fasce retributive, segno di una qualche dinamica migliorativa. La quota di dipendenti con meno di 25mila euro è scesa dal 62,7% al 60,1%, mentre crescono coloro che guadagnano tra 25 e 45mila euro (+8,1%) e soprattutto quelli sopra i 45mila euro (+11,4%).
Sul fronte occupazionale, i settori che pagano meno continuano a trainare la crescita. Le attività dei servizi di alloggio e ristorazione aumentano gli addetti del 5,2%, le attività professionali, scientifiche e tecniche del 4,7%, le immobiliari del 3,8%, le costruzioni del 3%. Parallelamente, perdono posti i servizi di informazione e comunicazione (-1,2%) e l'istruzione (-0,8%), evidenziando trasformazioni strutturali in questi settori.
Tre settori spiegano il 60% dell'aumento dell'occupazione nel 2024: alloggio e ristorazione (+100.022 lavoratori), commercio (+66.993) e costruzioni (+38.196). Tutti caratterizzati da retribuzioni sottomedia: 11.233 euro negli hotel e ristoranti, 23.577 euro nel commercio, 22.106 euro nelle costruzioni. In altre parole, la spinta dell'occupazione 2024 arriva soprattutto da comparti caratterizzati da salari bassi, contratti brevi e forte stagionalità, rispecchiando una crescita quantitativa che non si traduce necessariamente in miglioramento della qualità del lavoro.
Il 2024 conferma una doppia e contraddittoria dinamica del mercato del lavoro italiano. Da un lato, più lavoratori entrano nelle fasce medie e alte di reddito, segnale di una qualche mobilità verso l'alto. Dall'altro, la crescita dei posti viene soprattutto dai settori a basso valore aggiunto, dove prevalgono retribuzioni basse, orari ridotti e contratti precari.
L'Italia continua così a crescere dove paga meno, mentre le retribuzioni più alte restano concentrate in pochi comparti ad alta specializzazione (finanza, energia, manifattura di qualità). Allo stesso tempo, il divario di genere persiste trasversalmente, il part-time continua a penalizzare soprattutto le donne, e la discontinuità lavorativa rimane un'esperienza concreta per milioni di persone.
In questa struttura salariale che è "verticale, scandita da gradoni che separano mondi diversi, spesso impermeabili tra loro", la foto dell'Italia del lavoro nel 2024 restituisce un'occupazione in crescita ma profondamente disuguale, dove il numero dei posti di lavoro nasconde le difficoltà strutturali di una forza lavoro largamente impoverita e frammentata.