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Via Poma, depositate motivazioni Cassazione: "No prove contro Busco"

Depositate le motivazioni della sentenza con cui la Suprema Corte ha confermato lʼassoluzione decisa dalla corte di appello di Roma

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Contro Raniero Busco, l'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, non ci sono prove in grado di accusarlo del delitto della ragazza, avvenuto a Roma il 7 agosto del 1990. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni del proscioglimento definitivo. Nel delitto di via Poma rimangono comunque "punti oscuri", "non spiegati e niente affatto secondari: si pensi, tra di essi, al rinvenimento dell'agenda di Pietro Vanacore fra gli effetti personali della vittima".

Per la Cassazione assoluzione in secondo grado è "sentenza logica" - Ad avviso della Suprema Corte il verdetto di proscioglimento di Busco emesso dalla Corte d'Assise d'appello di Roma il 27 aprile 2012 risponde alle regole della "congruità e completezza della motivazione" ed ha una "manifesta logicità". In particolare - scrivono i supremi giudici - "si dimostra la insostenibilità", in mancanza della prova di un morso sul seno di Simonetta, della tesi "della sua attribuzione a Busco e dell'origine salivare del Dna presente sui capi di vestiario repertati".

Il verdetto di primo grado "smontato" anche dalla Cassazione - Il verdetto di primo grado, emesso il nel 2011 dalla Corte di Assise di appello di Roma che aveva condannato a 24 anni di reclusione Raniero Busco per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, secondo la Cassazione ricostruiva il delitto in maniera "suggestiva, ma ampiamente congetturale in ordine a vari aspetti".

Tra le circostanze date in primo grado per "pacifiche" invece ritenute solo di ordine "congetturale" anche dagli "ermellini", la Suprema Corte annovera: "l'effettuazione della telefonata da Simonetta a Busco all'ora di pranzo" del 7 agosto 1990, "il contenuto di tale telefonata, la conoscenza da parte di Busco del luogo dove Simonetta lavorava, la spontaneità della svestizione da parte della vittima, l'autore dell'opera di ripulitura della stanza, le modalità e i tempi di tale condotta, il movente dell'omicidio, la falsità dell'alibi da parte dell'imputato".