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Turismo, le città d'arte vogliono il "numero chiuso"

Dalle Cinque Terre a Firenze, da Venezia a Capri, alle Dolomiti si pensa a un piano per tutelare arte e natura

Il tema del turismo a numero chiuso torna alla ribalta in un'estate dove tutti gli indicatori rilevano cifre da boom per i luoghi simbolo dell'Italia.

Percentuali record previste nel 2016 su numeri già generosi sul 2015: Venezia + 5%, Firenze 5,6, Capri 9 e le Cinque Terre 20.
Una vera e propria invasione turistica che preoccupa i sindaci: il successo rischia di trasformarsi in un boomerang, se non si mettono i numeri sotto controllo.

Non si possono chiudere porzioni di territorio quando l'ingorgo di turisti diventa imponente, ma una cosa è certa: le città italiane non vogliono far la fine di San Gimignano, piccolo borgo medievale, in provincia di Siena, che rischia di morire di turismo. Negli ultimi trent'anni infatti il centro storico a causa del turismo, divenuto unica economia del paese, ha perso due terzi dei residenti, assumendo progressivamente i connotati di una Disneyland del Medioevo, con ben tre musei della "tortura".

I casi Venezia, Firenze e Capri - A Venezia il primo a parlare di numero chiuso fu negli anni '80 il sindaco Mario Rigo. Tra le ipotesi al vaglio vi erano i tornelli per entrare in Piazza San Marco. Oggi l'amministrazione, guidata dal sindaco Luigi Brugnaro, vorrebbe una "Ztl per i turisti" ma ammette di avere le armi spuntate: "Al momento non si può, si va a confliggere con il diritto dei cittadini che possono andare dove vogliono".

A Firenze il dibattito sul numero chiuso è sollecitato dalle raccomandazioni dell'Unesco. Negli ultimi due anni, si è calcolata la presenza media di 5866 turisti per chilometro quadrato, in continuo aumento. Una presenza insostenibile, che per almeno otto mesi all'anno crea una situazione di sovraffollamento.

Altro luogo critico in Italia è Capri, dove l'amministrazione ha deciso di far leva sui mezzi privati: dal 24 marzo al primo novembre auto e moto non possono circolare, escluse quelle dei residenti. Ogni anno sulle banchine si registrano quattro milioni di passeggeri. Il sindaco Gianni De Martino vuole intervenire per rallentare il ritmo di traghetti e aliscafi, portandolo a uno ogni venti minuti.

Le Dolomiti - Non esiste ancora una petizione sulla questione dei passi, ma numerosi ambientalisti vogliono spingere le amministrazioni di Bolzano, Trento e Belluno a fare qualcosa per tutelare le Dolomiti, dichiarate Patrimonio naturale dall'Unesco.

Tra i sostenitori del turismo a numero chiuso vi è Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, dal 2013 commissario del parco dell'Appia Antica: "La natura è come un museo ed è giusto che si paghi per vederla, va rispettata e preservata. Sui passi delle Dolomiti bisognerebbe adottare misure come ticket e accessi a numero chiuso, come accade per l'isola di Pianosa, dove sono ammessi 250 ingressi al giorno per un ticket di sei euro. In più non è possibile raggiungere l'isola con proprie barche, ma bisogna salire su apposite mini-crociere".

Il caso Baleari - L'Italia non è sola però. Il suo diretto competitor europeo per le vacanze al sapore di sale, la Spagna con le Baleari, non è da meno. Nell'arcipelago che racchiude Minorca, Majorca, Ibiza e Formentera, le autorità pensano di limitare l'accesso ai crocieristi e ai veicoli, in una Mincorca che durante le vacanze estive diventa un parcheggio a cielo aperto. Qui alla fine si è deciso che la dissuasione passa per il portafogli. Dal primo luglio 2016 infatti è entrata in vigore la "tasa turistica". Un sovrapprezzo "democratico" di 2 euro a persona per notte, per chi soggiorna in hotel o appartamento 4-5 stelle, 1,50 euro per i tre stelle, 1 euro a notte per i crocieristi e 50 centesimi per chi sceglie ostelli o campeggi. Introito previsto: 60 milioni di euro.