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I tabaccai denunciano i sindaci che dicono no al gioco d'azzardo

Con un esposto alla Corte dei Conti i primi cittadini sono stati accusati di aver creato un buco economico allo Stato italiano

I tabaccai hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti della Lombardia contro i sindaci che hanno limitato il gioco d'azzardo nelle loro città.

L'accusa è danno erariale: i primi cittadini avrebbero causato una diminuzione delle entrare derivanti dalla tassazione del gioco legale pari a 2,5 miliardi di euro l'anno. I sindaci, secondo i tabaccai, dovrebbero risponderne con i loro patrimoni personali.

Il primo ad essere colpito dall'esposto denuncia, riporta La Stampa, è il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, Pd, che a giugno ha approvato un'ordinanza "per contrastare fenomeni patologici connessi al gioco compulsivo". Secondo le nuove disposizioni comunali tutti i locali con dispositivi per il gioco d'azzardo devono trovarsi a 500 metri di distanza da chiese, scuole e ospedali chiudendo dalle 7,30 alle 9,30, dalle 12,30 alle 14 e dalle 19 alle 21. 

Secondo l'esposto presentato il danno provocato dall'ordinanza di Gori sarebbe di 7,6 milioni l'anno nel solo comune di Bergamo, mentre a livello nazionale i tabaccai prevedono nelle casse dello Stato 2,5 miliardi l'anno in meno. L'ordinanza di Gori è stata la prima a vietare completamente in alcuni orari scommesse sportive e gratta e vinci. 

Il suo esempio, però, è stato seguito da molti altri primi cittadini: anche a Roma, Virginia Raggi ha recentemente proclamato una guerra contro il gioco d'azzardo. Queste iniziative, però, secondo i tabaccai sarebbero di competenza statale e non comunale ma i sindaci ribattono il proprio diritto di regolare l'ordine pubblico e la salute pubblica.

I tabaccai avevano già tentato di impugnare l'ordinanza comunale di Bergamo al Tar, dove l'udienza è attesa per febbraio. L'accusa è la violazione della libertà di iniziativa economica in un settore legale essendo i tabaccai concessionari statali per il gioco legale e autorizzati dalle questure.