la sentenza

Procreazione assistita, incostituzionale impedire a madre intenzionale di riconoscere il figlio | "Non irragionevole il divieto di Pma per la donna single"

Lo ha stabilito la Consulta, che ha ritenuto fondate le relative questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Lucca

22 Mag 2025 - 12:29
 © Tgcom24

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È incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita legittimamente praticata all'estero. Lo ha stabilito la Consulta, con la sentenza depositata oggi, che ha ritenuto fondate le relative questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Lucca.

"Non riconoscere figlio con Pma lede i suoi diritti"

 La Consulta, con la sentenza depositata oggi, ha stabilito che il mancato riconoscimento fin dalla nascita - con procreazione medicalmente assistita - dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all'identità personale del minore e pregiudica l'effettività del suo "diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni". Inoltre, il mancato riconoscimento del figlio pregiudica "il suo diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale".

"Con Pma la madre intenzionale non può sottrarsi da impegno"

 La dichiarazione di illegittimità costituzionale sul divieto del riconoscimento del figlio con Pma per la madre intenzionale si fonda su due rilievi: la responsabilità che deriva dall'impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla Pma per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi. Il secondo rilievo è che la centralità dell'interesse del minore, affinché l'insieme dei diritti che egli vanta nei confronti dei genitori valga, oltre che nei confronti della madre biologica, nei confronti della madre intenzionale.

"Non irragionevole il divieto di Pma per la donna single"

 "Non è irragionevole né sproporzionata la legge che non consente alla donna singola di accedere alla procreazione medicalmente assistita (Pma)", si legge nella sentenza con cui la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale che erano state sollevate sulla legge che non consente alla donna singola di accedere alla Pma. Per la Corte è anche nell'interesse dei futuri nati che il legislatore ha ritenuto "di non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre".

"Estendere legge su Pma non è incostituzionale"

 La Corte costituzionale ha ribadito, in linea con i propri precedenti, che non sussistono ostacoli costituzionali a una eventuale estensione, da parte del legislatore, dell'accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente indicati, e nello specifico alla famiglia monoparentale. Con l'attuale legge, in ogni caso la Consulta, ha considerato non irragionevole né sproporzionato non consentire alla donna singola di accedere alla procreazione medicalmente assistita (Pma).

Rete Lenford: "Sentenza cambia vita di tante madri"

 "È stato affermato un principio di civiltà giuridica nell'interesse di tutti i bambini contro una cultura legata a un unico modello di famiglia. È una sentenza storica che cambia la vita di tutte le donne che, con le compagne o le mogli, vogliono avere un figlio perché non dovranno più sottoporsi all'umiliante procedura di adozione. Tutte le impugnazioni della procura e del ministero dell'Interno che intasano i tribunali cadranno perché i sindaci hanno correttamente dato tutela con i riconoscimenti all'anagrafe". Così ha commentato la sentenza della Consulta Vincenzo Miri, presidente Rete Lenford, l'avvocato che ha assistito le due mamme che hanno fatto il ricorso.

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