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Michele Padovano e il carcere evitato: "Da innocente era inaccettabile. Finito nei guai per il mio miglior amico"

Lʼex calciatore dovrà affrontare un altro processo, ma ora è ottimista: "Quando la Cassazione ha detto che non era un trafficante di droga, ho pianto con la mia famiglia"

"Non mi sono mai arreso, potevo tornare in carcere ma adesso ho voglia di combattere". Dopo che la Cassazione ha annullato la sua condanna a sei anni e otto mesi per reati di droga, Michele Padovano, ex calciatore di Napoli, Genoa e Juventus, oggi 54 anni, vuole ripartire. Padovano era stato arrestato il 10 maggio 2006 insieme con l'amico d'infanzia Luca Mosole perché ritenuto il finanziatore di un traffico internazionale di hashish proveniente dalla Spagna. Quindici anni dopo la battaglia giudiziaria è ancora in corso, adesso che il processo è da rifare, l'ex attaccante ha trovato energie date per perse: "Sento di aver ritrovato la fiducia nella giustizia. Ormai temevo di non avere più speranze, ma in cuor mio non mi sono mai rassegnato. È inaccettabile pensare di finire in carcere da innocente".

Passata la paura più grande, quella di dover tornare in cella, Padovano (54 anni) ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera. "Non mi sono mai arreso, ma adesso la voglia di combattere è ancora più forte". Quindici anni dopo l'arresto, la battaglia giudiziaria è ancora in corso, ma la Cassazione (dopo una condanna in primo grado a 8 anni e 8 mesi e poi in appello a 6 anni e 8 mesi) ha detto che il processo che lo riguarda è tutto da rifare. "Sento di aver ritrovato la fiducia nella giustizia - ha dichiarato -. Ormai temevo di non avere più speranze, ma in cuor mio non mi sono mai rassegnato. È inaccettabile pensare di finire in carcere da innocente. So che non è finita, ma ho molta fiducia nel nuovo processo d’appello. Sono convinto che riuscirò a dimostrare che non sono un trafficante di droga".


"Questa vicenda mi ha portato via tutto - ha aggiunto Padovano -. Quando sono venuti ad arrestarmi ho pensato che fosse uno scherzo. Non riuscivo a crederci. La mia famiglia è stata distrutta, ma insieme abbiamo trovato la forza di reagire. Ho perso il lavoro e ho dovuto dire addio al calcio, che era la mia vita. I primi tre mesi in carcere sono stati difficili, ma ho trovato tanta umanità. Gli altri detenuti hanno capito subito che quello non era il mio posto. Ero spaesato e il mio compagno di cella mi ha aiutato molto. Ancora oggi ci scambiamo qualche messaggio".

 

Padovano non può fare a meno anche di ricordare di essere finito nei guai per colpa di un amico d’infanzia: "È un’amicizia che non rinnego. Eravamo inseparabili. Gli sono stato vicino e questo ha fatto sì che molte cose venissero fraintese. Ma lui ha sempre detto che io non c’entravo nulla con il traffico di droga. Pentito di quel legame? Nella vita non si può tornare indietro. L’esperienza vissuta mi ha insegnato che forse avrei potuto essere più attento e prudente, ma lui era il mio migliore amico. Però quello è il passato. Guardo al presente e vivo pensando al futuro. Cosa ho provato quanto ha saputo della sentenza della Cassazione? Forse esagero, ma dopo la nascita di mio figlio è stato il giorno più bello della mia vita. Ho pianto con la mia famiglia".

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