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Ruby, tutte le tappe del processo

Dalla notte in Questura nel 2010 allʼassoluzione in Appello

ruby rubacuori
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L'inchiesta in cui Silvio Berlusconi è stato assolto in appello ha preso il via dopo la famosa notte in Questura quando, tra il 27 e il 28 maggio 2010, Karima El Marough, in arte "Ruby Rubacuori", venne fermata per un furto. Il leader dell'allora Pdl, che si trovava a Parigi, telefonò al capo di gabinetto, Pietro Ostuni, spiegandogli che la ragazza gli era stata indicata come nipote del presidente egiziano Mubarak e che sarebbe arrivata Nicole Minetti, all'epoca consigliere regionale, per prenderla in affido.

Cosa che avvenne nonostante il pm dei minori Annamaria Fiorillo avesse disposto il suo collocamento in una comunità.

Pochi giorni dopo, però, la giovane marocchina ricoverata in ospedale a causa di una lite con Michele Conceicao, finì davvero in una struttura protetta. Da qui l'apertura dell'inchiesta. Al centro della vicenda ci sono i presunti festini a luci rosse ad Arcore ai quali avrebbe partecipato anche la giovane che, non ancora maggiorenne, avrebbe fatto sesso in cambio di denaro e altre utilità con l'ex capo del governo. Il quale per evitare che tutto ciò venisse a galla, quando Karima venne fermata, telefonò a Ostuni per ottenere, questa la ricostruzione degli inquirenti, che venisse rilasciata.

Il 14 gennaio 2011 i pm, in contemporanea a una raffica di perquisizioni negli appartamenti, concentrati nel residence di via Olgettina, delle ospiti a Villa San Martino, hanno recapitato a Berlusconi un invito a comparire e il 9 febbraio, non essendosi presentato, sulla base di "prove evidenti", hanno chiesto il processo con rito immediato. Il 15 febbraio il gip Cristina Di Censo lo ha mandato a giudizio per entrambi i reati. Meno di due mesi dopo, il 6 aprile del 2011, è cominciato il dibattimento e il legale di Ruby ha annunciato che la ragazza non si sarebbe costituita parte civile perché riteneva di non aver subito alcun danno.

Come in genere succede per i processi a carico di Berlusconi, il cammino è stato tortuoso. Davanti ai giudici sono passati moltissimi testimoni: le ragazze delle feste di Arcore, le "Olgettine" ma anche le cosiddette "pentite" del bunga-bunga; tutti coloro che in qualche modo hanno avuto a che fare con Karima fino ai parlamentari del Pdl e ai personaggi dell'entourage di Berlusconi.

Ruby invece, citata come teste dalla difesa, per due volte non si è presentata davanti al collegio. I legali di Berlusconi hanno poi rinunciato a sentirla al pari dei pm e del tribunale. Il 19 ottobre 2012 il leader di Forza Italia ha reso in aula dichiarazioni spontanee: "E' mostruosa l'opera di diffamazione nei miei confronti e nei confronti delle mie ospiti. La mia condanna è già decisa".

Dopo una serie di interruzioni, anche per le elezioni, il 13 maggio la conclusione della requisitoria e la richiesta a 6 anni di carcere, altrettanti di interdizione legale e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il 3 giugno l'arringa difensiva per sostenere l'innocenza di Berlusconi. Il 24 giugno dell'anno scorso il Tribunale lo ha condannato a 7 anni di reclusione, uno in più rispetto alla richiesta, contestandogli la concussione non per induzione ma per costrizione.

Il 20 giugno 2014 ha preso in via davanti alla seconda corte d'Appello di Milano, presieduta da Enrico Tranfa (giudici a latere Ketti Lo Curto, che è anche relatore, e Alberto Puccinelli). Ad assistere Berlusconi, non più Niccolò Ghedini e Piero Longo che, essendo indagati nel "Ruby ter", hanno preferito non essere in aula.

Al loro posto i professori Franco Coppi, già suo legale per il caso Mediaset, e Filippo Dinacci avvocato che da anni fa parte del pool difensivo di Berlusconi, i quali hanno svolto una difesa "tecnica". Come "tecnica" è stata la requisitoria del sostituto pg Piero De Petris che ha chiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado. Nel dibattimento tutto "è andato liscio" e così dopo tre udienze, il verdetto di assoluzione per entrambi i capi di imputazione.