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Coronavirus, parla un'italiana guarita: "Troppo allarmismo, per tutto il paese ero un'appestata"

La testimonianza di una 59enne che vive in provincia di Milano: "Allʼospedale di Treviglio sono stata rinchiusa in un ufficietto in disuso, senza bagno. Nessun controllo sulla quarantena dopo le dimissioni"

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"Per tutto il paese ero un'appestata, ma ora sono guarita". Parla così Morena Colombi, 59enne di Trucazzano, nel Milanese, alla quale è stata diagnosticata una polmonite da coronavirus. La donna ha deciso di metterci la faccia e rilasciare interviste, andando anche in tv da Barbara D'Urso. "Penso che ci sia troppo allarmismo e un'isteria esagerata. Bisogna dire alla gente che se prendi il coronavirus sopravvivi e guarisci", spiega.

La donna ha iniziato a stare male a San Valentino, si è recata dal medico che le ha diagnosticato una normale influenza. Tachipirina e riposo le prescrizioni, ma Morena nei giorni seguenti si è accorata che qualcosa non andava. "Primo, non ho più la febbre. Secondo, il raffreddore invece non passa. Terzo, ho una tosse secchissima che non se ne va. A un certo punto, mi scatta la lampadina: e se fosse il virus? Tanto più che la ditta per cui lavoro ha molti rapporti con l'Oriente", racconta in un'intervista a La Stampa.

 

E così chiama il 112. "Riesco a parlare dopo molti tentativi, mi dicono: 'La facciamo chiamare', ma non succede niente. Però continuo a star male e allora mi rivolgo all'ospedale Sacco di Milano dove mi avevano già curato una broncopolmonite. E da lì al telefono mi dicono di andare al pronto soccorso. Vado all'ospedale di Treviglio, e lì prima si arrabbiano perché mi dicono che dovevo chiamare il 112, poi mi arrabbio io perché è quello che ho tentato di fare per giorni, infine si spaventano e mi ricoverano".

 

Morena denuncia l'inadeguatezza della struttura sanitaria per far fronte all'emergenza: "Stanze isolate non ce ne sono e così mi chiudono in un ufficietto in disuso. Ci resto dalla sera di domenica all'alba di martedì, dormendo su una barella, in una stanza senza bagno dalla quale naturalmente non potevo uscire. Mi avevano dato una padella. Ero talmente a disagio che quando mi hanno diagnosticato il Covid-19 non mi sono neppure spaventata".

 

Poi il trasferimento, "con una normalissima ambulanza", al reparto malattie infettive dell'ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Nessuna cura specifica. "L'unica cosa da fare, almeno nel mio caso, è aspettare che passi", dice la donna che è stata poi dimessa. "Sto un po' meglio, ma ho ancora i sintomi dell'influenza. Devo restare a casa almeno quattordici giorni in isolamento, cosa abbastanza facile perché vivo da sola. Prendo ancora la tachipirina e ovviamente non posso uscire, ma nessuno controlla".

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