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Strage di Nassiriya, ex generale condannato: ignorò gli allarmi

La sentenza della Corte dʼAppello del tribunale civile arriva a 13 anni dalla tragedia. I giudici: "Manifesta la stretta dipendenza tra il reato e la morte"

C'è una responsabilità precisa per la strage di Nassiriya del 2003, quando  un attentato alla base italiana Maestrale provocò la morte di 28 persone, 19 nostri connazionali e 9 iracheni.

La Corte d'Appello di Roma, Prima sezione civile, ha condannato l'ex generale Bruno Stano, all'epoca comandante della missione, a risarcire le famiglie delle vittime perché sottovalutò il pericolo.

"E' manifesta la stretta dipendenza tra il reato commesso e la morte e le lesioni riportate dalle vittime", si legge nella sentenza riportata dalla "Stampa". Fu colpa di Stano se soldati e carabinieri italiani il 12 novembre 2003, in quella base in Iraq, si trovarono in una situazione troppo rischiosa perché si insisteva troppo sul carattere di "missione umanitaria" dell'operazione.

Allarmi ignorati - Ma soprattutto, secondo i giudici, Stano ignorò gli allarmi dell'intelligence e non considerò in maniera adeguata che quella base era troppo esposta. Poco più di quindici giorni prima il Sismi aveva avvertito di un "attacco in preparazione al massimo entro due settimane", precisando anche che c'era un "camion di fabbricazione russa con cabina più scura del resto". E fu un camion cisterna a portare la morte quel 12 novembre alla base, esplodendo davanti all'ingresso. Solo una settimana prima dell'appuntamento con la morte sempre il Sismi aveva detto che "terroristi siriani e yemeniti" si stavano per trasferire a Nassiriya. Tutti allarmi che inducono la Corte a sottolineare "l'evidente sottovalutazione di un allarme così puntuale e prossimo".

La decisione dei magistrati arriva dopo un lungo iter giudiziario che aveva assolto lo stesso Stano in sede penale. Poi, tutto era ripartito in sede civile. E adesso la conclusione. Con il generale che minimizzava, mentre il responsabile della base, un colonnello dei carabinieri, che al contrario, alla vigilia dell'esplosione, aveva presentato diverse richieste, tutte bocciate: di chiudere le strade al traffico, di sistemare un mezzo corazzato all'ingresso della struttura. E chiese il trasferimento. Si ridusse il traffico a una sola corsia, ma non lo si bloccò, e il camion dell'attentato arrivò prima del mezzo corazzato.

La sentenza mette in chiaro poi molti aspetti che hanno dell'assurdo come le munizioni così vicine all'ingresso, che peggiorarono la situazione e su cui la Corte scrive che "anche un estraneo alle arti militari dovrà rilevare l'irresponsabile assurdità della collocazione così esposta di un deposito di munizioni". O i sacchi di protezione riempiti non di sabbia ma di sassi, che hanno amplificato gli effetti dell'esplosione.