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Cucchi, inchiesta bis: omicidio preterintenzionale per 3 carabinieri

Chiuse le nuove indagini. La sorella a Tgcom24: "Finalmente si parla della verità". Secondo il pm, Stefano fu ucciso da calci, schiaffi, pugni e dallʼomissione dei medici. Un legale dei Cc: "Accusa non provabile in giudizio"

La procura di Roma ha chiuso l'inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto nell'ottobre del 2009 a una settimana dal suo arresto per droga, e ha contestato l'accusa di omicidio preterintenzionale ai tre carabinieri che lo fermarono.

I tre sono ritenuti responsabili del pestaggio del giovane. Per altri due carabinieri sono ipotizzati i reati di calunnia e di falso.

Le accuse ai tre carabinieri - L'accusa di omicidio preterintenzionale è contestata ad Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco, carabinieri in servizio, all'epoca dei fatti, presso il Comando Stazione di Roma Appia, che procedettero all'arresto di Cucchi in flagranza di reato per detenzione di droga. Tedesco è accusato anche di falso. A Roberto Mandolini, comandante Interinale della stessa stazione di Roma Appia sono attribuiti i reati di calunnia e falso. Accusa di calunnia anche per lo stesso Tedesco, e per Vincenzo Nicolardi, anch'egli militare dell'Arma.

L'accusa di falso è connessa al verbale di arresto in cui si "attestava falsamente" che Cucchi era stato identificato attraverso le impronte digitali e il fotosegnalamento: circostanza che per i magistrati non sarebbe vera ma ha rappresentato la ragione del pestaggio di Cucchi, ritenuto "non collaborativo all'operazione". Mandolini e Tedesco non avrebbero verbalizzato la resistenza opposta dal giovane e avrebbero "attestato falsamente" che Cucchi non aveva voluto nominare un difensore di fiducia. La calunnia, invece, è legata alla varie testimonianze rese al processo in corte d'assise dove erano imputati tre agenti, poi assolti: Tedesco, Mandolini e Nicolardi, "affermando il falso in merito a quanto accaduto nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009" li accusavano implicitamente, pur "sapendoli innocenti", delle botte inflitte al detenuto.

Il legale di uno dei carabinieri: "Quell'accusa non si può provare" - E' arrivata la replica dell'avvocato di uno dei carabinieri accusati, secondo cui quell'accusa non può essere provata. "La Procura - dice il legale Eugenio Pini - ha esercitato una sua prerogativa e formulato il capo di imputazione che ritiene sussistente. Noi riteniamo, di contro, che tale contestazione non potrà essere provata nel giudizio in quanto gli elementi di fatto su cui si fonda non sono riscontrabili in atti e, tanto meno, nella perizia disposta dal gip con incidente probatorio".

Stefano ucciso da "calci, schiaffi e pugni" e dall'omissione dei medici - In particolare, nell'avviso di chiusura indagine della procura di Roma firmato da Giuseppe Pignatone e Giovanni Musaro, si legge che Stefano Cucchi fu colpito dai tre carabinieri con "schiaffi, pugni e calci". Il pestaggio di cui il geometra fu vittima causò, tra l'altro, una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale", provocando sul giovane "lesioni personali che sarebbero state guaribili in almeno 180 giorni e in parte con esiti permanenti, ma che nel caso in specie, unitamente alla condotta omissiva dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell'ospedale Sandro Pertini, ne determinavano la morte".

Le cause della morte - Stefano Cucchi durante la degenza presso l'ospedale Sandro Pertini subì un notevole "calo ponderale" perché "non si alimentava correttamente a causa e in ragione del trauma subito". Secondo quanto si legge nel provvedimento di chiusura dell'indagine, "le lesioni procurate a Stefano Cucchi ne cagionavano la morte": in particolare la frattura scomposta della vertebra S4 e la conseguente lesione delle radici posteriori del nervo sacrale determinavano l'insorgenza di una vescica neurogenica, atonica, con conseguente difficoltà nell'urinare, con successiva abnorme acuta distensione vescicale per l'elevata ritenzione urinaria non correttamente drenata dal catetere".

I carabinieri accusati anche di abuso di autorità - Ai tre carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, viene contestata anche l'accusa di abuso di autorità: è quanto emerge nell'avviso di chiusura dell'indagine, che prelude al rinvio a giudizio, per aver sottopostpo Stefano Cucchi "a misure di rigore non consentite dalla legge" con l'aggravante di "aver commesso il fatto per futili motivi".

Ilaria Cucchi: "Finalmente si parla della verità" - "Oggi penso a mio fratello, con gli occhi pieni di lacrime, penso a quanto glielo dovevo". Lo ha detto a Tgcom24 la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria. "Oggi viene ristabilita la verità su quanto accadde. Mi sento di dire a tutti che non bisogna mai smettere di crederci, bisogna avere fiducia nella giustizia e andare avanti fino in fondo". Finalmente, ha aggiunto Ilaria Cucchi, "si parlerà della verità, non ci sarà un processo a Stefano: si parlerà di omicidio, di quello che è stato fatto a mio fratello e di tutto ciò che è successo da quel giorno in poi".

Il legale della famiglia Cucchi: "Emozionati e soddisfatti" - "Siamo emozionati e soddisfatti da questa conclusione che abbiamo atteso per anni. Questa è la verità che emerge: omicidio, calunnia e falsi i reati contestati che danno l'idea di cosa sia successo quella sera a Stefano". Con queste parole l'avvocato Fabio Anselmi, da sempre al fianco della famiglia Cucchi, ha commentato la chiusura dell'inchiesta bis sulla morte del giovane. "Dopo sette anni la famiglia Cucchi vuole ringraziare chi ha fatto queste nuove indagini" ha aggiunto il legale duicendo anche che, ora, al processo "ce la giochiamo tutta, faremo i conti con tutti".