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I medici di famiglia:  "Pronti a chiudere gli ambulatori, a due mesi dallo stato d'emergenza nazionale non abbiamo ancora i dispositivi di protezione"

Sul piede di guerra anche gli infermieri, categoria che conta il maggior numero di positivi tra gli operatori sanitari: il 52% del totale

I medici di famiglia non ci stanno più a fare la conta dei colleghi morti per il coronavirus per la carenza di dotazioni individuali di sicurezza. E dopo settimane in cui denunciano di avere a disposizione solo pochissime mascherine chirurgiche ciascuno e null'altro, annunciano di essere pronti a chiudere gli ambulatori. Gli infermieri si uniscono alla richiesta e sollecitano i tamponi rendendo noto il bilancio in vertiginoso aumento di decessi e positivi al virus nella loro categoria: 25 morti e 5.500 contagiati.

La Federazione degli Ordini dei medici, che ha contato l'ottantesimo decesso si schiera al loro fianco: "Sono passati più di due mesi dalla data di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, il 31 gennaio. Eppure ancora oggi in particolare i medici di medicina generale, che costituiscono la prima linea nella gestione dei pazienti sul territorio, sono del tutto privi dei più basilari dispositivi di protezione individuale. Siamo stanchi di promesse".

 

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In una durissima nota il segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) Silvestro Scotti, dopo avere appreso dell'ennesimo decesso di un collega, è passato ai fatti preannunciando la chiusura degli ambulatori. "Devo dire addio a un amico, che come tutti noi medici di famiglia è stato scaricato dalle istituzioni ed è morto da solo. La sua morte per la burocrazia non vale il costo di una mascherina", ha scritto Scotti, "siamo pronti a chiudere gli studi che non sono parte dei Livelli essenziali di assistenza".

 

 

E ha stigmatizzato la mancata relazione tecnica a un emendamento che ha bloccato la possibilità per i medici di base di avere la forniture dei dispositivi di protezione per fronteggiare l'epidemia. "L'emendamento al Cura Italia - ha spiegato - mirava a chiarire che la fornitura dei dispositivi di protezione individuale doveva essere estesa ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai farmacisti. La Fimmg considera inaccettabile il parere negativo della Ragioneria dello Stato all'emendamento 5.1 a prima firma Paola Boldrini (Pd), depositato in commissione Bilancio del Senato".  "A quanto si apprende - ha riferito - la Ragioneria, nel rinviare il parere del ministero della Salute, si è espressa in maniera contraria per la mancanza di una relazione tecnica utile a quantificare gli oneri finanziari prodotti da questa modifica. Mi chiedo quanto valga per lo Stato la vita di un medico".

 

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Intanto la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi) indica che quella degli infermieri è la categoria che conta il maggior numero di positivi tra gli operatori sanitari: il 52% del totale, e rispetto all'età  media dei camici bianchi contagiati, quella degli infermieri è la più bassa. Tonino Aceti, portavoce di Fnopi, ha chiesto con forza che vengano garantiti tamponi e dispositivi individuali di protezione: "Gli infermieri sono i professionisti che restano di più accanto al paziente, con turni anche di 12 ore ciascuno, che rendono molto più elevate le possibilità di contagio. Stanno pagando un prezzo altissimo". E sottolinea: "Se non ci fossero loro i malati di Covid resterebbero abbandonati in un letto senza la possibilità di avere un contatto umano. Il loro e' un contributo di professionalità, vicinanza e di vita".

 

La voce è unanime: medici ospedalieri, di base, pediatri di libera scelta, infermieri chiedono di poter lavorare in sicurezza. "Senza strumenti - conclude Scotti - la pandemia non si affronta, e la situazione peggiorerà se e quando si allenteranno i contenimenti. Tutto ricadrà proprio sulle cure primarie, dove il contagio potrà riprendere il suo corso e creare nuovi focolai. Non siamo intenzionati a contare i nostri morti stando zitti".

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