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Genova, uccisero il padre violento: fratelli condannati in appello bis | La difesa: impugneremo la sentenza

Confermata la sentenza di primo grado per i due giovani, accusati di aver colpito a morte con un mattarello Pasquale, indagato per maltrattamenti contro la moglie. Ventun anni ad Alessio Scalamandré e 14 a Simone

Sono state confermate in appello bis le condanne ai due fratelli di Genova, accusati di aver ucciso il padre violento.

La Corte d’Assise d'appello di Milano ha disposto 21 anni di reclusione per Alessio Scalamandré e 14 per Simone, come stabilito dalla sentenza di primo grado emessa dall'Assise di Genova nel febbraio del 2022. L'accusa per i due fratelli è di aver colpito a morte con un mattarello il padre Pasquale al culmine di una lite, nella casa in cui vivevano, il 10 agosto 2020. La vittima era indagata per maltrattamenti nei confronti della moglie. La difesa: "Impugneremo la sentenza".

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L'avvocato di Simone: "Andiamo avanti, cercheremo di cambiare questa sentenza"

 "E' un momento difficile, molto negativo. Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza". Così l'avvocato Riccardo Lamonaca, difensore di Simone, commenta la condanna inflitta al 26enne. "L'attenuante della provocazione sicuramente non è stata riconosciuta - ha aggiunto il legale fuori dall'aula -, così come la prevalenza delle generiche. Non è ancora la sentenza definitiva". 

 

Le motivazioni sono attese a fine maggio. La Procura generale di Milano aveva chiesto otto anni e sei mesi a Simone, mentre per Alessio aveva proposto una pena a 11 anni concordata con la difesa. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. 

 

Sentenza di secondo grado annullata dalla Cassazione

 A novembre, la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d'assise s'appello genovese, con la quale Alessio era stato condannato a 21 anni. Si era a tal riguardo infatti tenuto conto della decisione della Corte costituzionale, la quale aveva decretato l'illegittimità dell'articolo del Codice rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull'aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l'attenuante della provocazione. 

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