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Falcone, il pm su perquisizioni a casa dell'inviato di Report: inchiesta su genuinità fonti e non sul giornalista

L'indagine scattata su mandato dalla Procura di Caltanissetta dopo il servizio che, scrive Ranucci, "evidenziava la presenza di delle Chiaie sul luogo dell'attentato di Capaci". Gli uomini Dia anche in redazione

Ansa

L'inchiesta su quanto trasmesso da "Report" lunedì sera su Rai3 in merito al servizio sulla strage di Capaci punta a "verificare la genuinità delle fonti".

E la perquisizione della Dia è stata eseguita nei confronti di "un giornalista che non è indagato". E' quanto afferma il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, sottolineando che la perquisizione nell'abitazione dell'inviato di Report, Paolo Mondani, non c'entra "in alcun modo l'attività di informazione svolta dal giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente a una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario".

 

Il post di Ranucci - La Dia è intervenuta dopo il servizio mandato in onda dalla trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci, che ha diffuso la notizia su Facebook spiegando che gli uomini della Direzione investigativa antimafia sono arrivati nell'abitazione dell'inviato Mondani e nei locali della redazione: tutti dettagli che sono stati confermati in ambienti investigativi. 

 

 

La presenza di delle Chiaie - "Il motivo - scrive il giornalista di Rai3 - sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti la nostra inchiesta sulla strage di Capaci nella quale si evidenziava la presenza di Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell'attentato di Capaci. Gli investigatori cercano atti e testimonianze anche su telefonini e pc". 

 

"Contenti di collaborare con la magistratura" - Ranucci ha garantito la massima collaborazione da parte sua con gli investigatori. "Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure - osserva -. Il collega (Mondani) aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti". E spiega che "il decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio. Non è un atto ostile nei nostri confronti. Ovviamente abbiamo messo al corrente l'ufficio legale, l'amministratore delegato Fuortes e il nostro direttore". 

 

De Luca: affermazioni senza fondamento - Da parte sua, il procuratore De Luca chiarisce, in merito al servizio mandato in onda, che "sono destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese da Alberto Lo Cicero", prima come confidente e poi come collaboratore di giustizia, che avrebbero permesso di "evitare la strage di Capaci e anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina". 

 

"Io sono No Mafia", 30 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio

"Giovani che affermano il loro essere la negazione della mafia: "Poliziamoderna" ha scelto questa straordinaria immagine piena di speranza in copertina come espressione del trentennale delle stragi di Capaci e Via d’Amelio a Palermo delle cui celebrazioni diamo anticipazione in questo numero. Ricordare le persone uccise da quelle tremende esplosioni e i valori per i quali hanno perso la vita significa considerare quanto sia importante oggi continuare la loro lotta agendo e pensando quotidianamente in maniera libera, democratica e quindi legale", scrive il direttore Annalisa Bucchieri nell'editoriale dell'ultimo numero di Poliziamoderna, mensile ufficiale della Polizia di Stato. Nello stesso numero il contributo del direttore dell'"Espresso" Lirio Abate allora ventenne cronista di nera a Palermo.

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E aggiunge: "Non compete a questo ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria, a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza. Questa Procura ha già espresso il suo convincimento sulla sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D'Amelio, chiedendo nel processo per il cosiddetto depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di Cosa Nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l'accertamento della verità devono essere ancorate a elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto a intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbero a sommare al tremendo dolore sofferto". 

 

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