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Eutanasia, Cassazione: "Nessuna attenuante per chi uccide per pietà un malato grave o irreversibile"

Confermata la condanna per omicidio volontario senza "sconto etico" a un marito che aveva sparato alla moglie ricoverata per Alzheimer

Eutanasia, Cassazione:
ansa

In attesa che il Parlamento, sollecitato dalla Consulta, faccia una legge sull'eutanasia, la Cassazione ribadisce la propria posizione sulla non applicabilità delle attenuanti a favore di chi uccide una "persona che si trovi in condizioni di grave ed irreversibile sofferenza fisica".

Così la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio volontario senza "sconto etico" a un marito che aveva sparato alla moglie ricoverata per Alzheimer.

Con questa decisione, i supremi giudici affermano il principio per cui "nella attuale coscienza sociale il sentimento di compassione o di pietà è incompatibile con la condotta di soppressione della vita umana verso la quale si prova il sentimento medesimo. Non può quindi essere ritenuta di particolare valore morale - concludono gli ermellini - la condotta di omicidio di persona che si trovi in condizioni di grave e irreversibile sofferenza".

La vicenda della coppia di Prato - Per questa ragione, è stato respinto il ricorso di Vitangelo B., anziano marito di 88 anni (condannato a sei anni e sei mesi), che dopo aver assistito in casa per anni la moglie malata di Alzheimer, le aveva sparato tre colpi di pistola il primo dicembre 2007 quando, per l'ulteriore aggravamento, la donna era stata ricoverata all'ospedale di Prato. Ad avviso della Cassazione, è ritenuta "pratica di civiltà" uccidere gli animali di compagnia quando non curabili, mentre "nei confronti degli esseri umani" operano "i principi finalizzati alla solidarietà e alla tutela della salute" e del "superiore rispetto della vita umana".