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Enzo Tortora, lettere dal carcere: "Cara Francesca, io umiliato..."

Arriva nelle librerie "Lettere a Francesca", che raccoglie le missive inviate dal presentatore alla compagna Francesca Scopelliti nel sette mesi di carcere nel 1983

Sette mesi di calvario, dall'arresto del 23 giugno 1983 al 17 gennaio 1984, quando gli furono concessi i domiciliari.

Sono quelli che passò Enzo Tortora in carcere, accusato di essere un camorrista. In quei sette mesi il presentatore scrisse una serie di lettere alla compagna Francesca Scopelliti, che oggi vengono pubblicate nel libro "Lettere a Francesca". "Sono atterrito - scrive - guarda per me il mare". E ancora "Ci si sente umiliati fino al midollo".

Quelle del presentatore sono lettere piene di rabbia, sgomento, pena, dolore persino fisico, che lascia presagire quanto quell'esperienza poi lo porterà alla malattia che lo avrebbe ucciso nel 1987. Non si capacita di come il sistema giudiziario possa accanirsi in questo modo. "La lotta fra me, innocente, e l'accusa, impegnatissima a dover dimostrare il contrario (un altro aspetto di questa farsa italiana), durerà a lungo" scrive. "Non hanno niente in mano" e poi l'accusa ai magistrati "Solo tre categorie di persone (ho scoperto) non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati".

Ma nelle parole di Tortora c'è anche lo sgomento di fronte alla reazione del Paese, dal quale si sente tradito ("sto pensando di chiedere il cambio di cittadinanza. Questo Paese non è più il mio") e dal comportamento dei media e dei suoi colleghi: "Non mi parlare della Rai, della stampa, del giornalismo italiano. E' merda pura".

In lettere sempre affettuose verso la Scopelliti, ora chiamata "mio caro amore" ora affettuosamente "Cicciotta", Tortora descrive la situazione invivibile nel carcere: "Ci pigiano in sette in pochi metri", "Chissà perché si dice 'al fresco', io muoio di caldo, in cella", "Sei al cesso, un buco apposito consente loro di vederti". Condizioni che inevitabilmente si riflettono sul suo fisico: "Non ho più un pelo nero", "Spero mi cambino le medicine: mi deprimono molto", "Non faccio che vedere neurologi, osteologi, reumatologi".