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Italiano (nero) denuncia: "Apartheid nei locali di Modena"

Su Facebook la denuncia di un giovane di colore: "Sono nero e mi vogliono fare entrare in un ingresso separato". Ma la società replica: "Nessun razzismo, solo controlli"

Esiste nel 2017 in Italia un razzismo tale che impedisce a un ragazzo italiano ma con la pelle nera di entrare in un locale pubblico dall'ingresso utilizzato dagli amici bianchi? E' la domanda che si pone Abi Zar, un ragazzo cresciuto nella bassa modenese, laureato in giurispudenza e ora a Londra per un master che, tornato in Italia per una breve vacanza, si è visto rifiutare l'ingresso in una discoteca.

Il suo caso, grazie al tam tam di Facebook, è diventato virale. Ma la società che gestiva la serata nega tutto: "State solo distruggendo il lavoro di tante persone".

Partiamo dai fatti in ordine cronologico. Abi Zar sabato racconta la sua storia nella propria pagina di Facebook. Il giorno prima con altri quattro amici (tre ragazzi e una ragazza) si è recato presso un locale a Baggiovara (Modena). Una volta pagato l'ingresso ha provato a entrare passando dalla fila comune. Qui un buttafuori lo ferma e gli indica un ingresso separato. La motivazione addotta è stata una non meglio precisata "regola del locale".

Abi a questo punto ipotizza che tale regola imponga una netta separazione all'ingresso tra bianchi e neri. Perché? Per il semplice fatto che nessuno dei suoi amici, tutti bianchi, è stato fermato. Solo a lui è stato chiesto lo spostamento verso la corsia differenziata. L'intervento di un addetto del locale ha chiuso la vicenda con un "dai per questa volta fallo passare". Abi Zar però non ha voluto soprassedere su quella che, secondo lui, è stata una umiliante situazione razzista e ha scritto tutto sul suo diario Facebook.

Migliaia le condivisioni, centinaia i commenti. E la notizia è diventata così virale che ne è nata una discussione coi diretti interessati. In primis il locale, che ha chiesto scusa ad Abi Zar perché totalmente estraneo alla vicenda visto che aveva affittato la struttura ad una società che organizza eventi e che si è occupata della serata contestata (scuse peraltro accettate da Abi Zar).

Poi c'è stata la risposta ufficiale della società Mo.Ma. responsabile, appunto, della organizzazione. L'azienda, stupita da tanto clamore mediatico, chiede di poter parlare privatamente con Abi Zar e nega qualunque accusa di razzismo. Descrive la situazione che si è creata con Abi e i suoi amici come frutto di una incomprensione e dice di aver sempre creato ingressi separati tra clienti occasionali e quelli invece più affezionati. E poi accenna a situazioni fastidiose successe nel passato che hanno quindi imposto un maggior controllo agli ingressi.

Vicenda chiusa? No perché Abi Zar risponde a questa giustificazione ribadendo la propria posizione e annunciando di avere le testimonianze non solo degli amici presenti ma anche di altri avventori, ragazzi di colore, che lo hanno contattato per denunciare situazioni analoghe capitate a loro. Abi ribadisce la propria domanda e cioè quali sono le famose "regole" che gli addetti all'ingresso stavano seguendo?

A questo punto arriva una risposta, non dalla Mo.Ma., ma da Federic Zambelli, uno degli organizzatori della serata che, con molta foga, invita tutti a non lanciare accuse infondate ed evitare che questa situazione infanghi il nome di persone che fanno questo mestiere da tempo. Federic Zambelli suggerisce ad Abi Zar di non generalizzare, non fare vittimismo. E si arriva anche alle minacce legali, peraltro raccolte dallo stesso Abi Zar ("sono laureato in legge").

La storia, dunque, non ha un finale, almeno per ora. Sicuramente l'onda social-mediatica è ancora lunga e probabilmente difficilmente si riuscirà a farsi un'idea completa su dove sta la ragione. Come sempre, verrebbe da dire.