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Caso Alpi: spuntano nuove intercettazioni, le indagini potrebbero riaprirsi

La Procura di Roma ha presentato al gip nuove prove dove si sentono alcuni somali parlare dellʼagguato alla giornalista. La madre: "Non commento, mi sono illusa troppe volte"

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Un caso lungo 24 anni e che ancora non sembra essersi concluso.

Spuntano nuovi documenti che potrebbero riaprire le indagini sulla morte di Ilaria Alpi, giornalista del Tg3, e del suo operatore Miran Hrovatin. Si tratta di intercettazioni che risalgono al 2012 e potrebbero fare luce sul modo in cui il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia, i due sono stati uccisi. La madre però è stanca: "mi sono illusa troppe volte".

Le indagini potrebbero ripartire Il 17 aprile, giorno dell'udienza in cui il Gip avrebbe deciso sulla richiesta di archiviazione del caso Alpi, la Procura di Roma ha sorpreso tutti con nuove intercettazioni. Fino a questo momento, gli inquirenti avevano affermato che non era stato possibile individuare gli esecutori e i mandanti del duplice omicidio. Le nuove prove riportano conversazioni fra alcune persone di origine somala che si trovavano in Italia e parlavano proprio dell'agguato alla giornalista e all'operatore. Questo, assieme ad alcuni materiali della famiglia Alpi depositati dai loro legali, ha fatto prendere al giudice la decisione di rimandare la scelta all'8 giugno. Le carte nel frattempo sono state trasmesse a Firenze, nell'ambito di un altro procedimento, e lì gli inquirenti le analizzeranno per capire se sia effettivamente il caso di riaprire le indagini.

I presunti depistaggi Il testimone Ahmed Ali Rage è stato accusato di depistaggio, ma neanche le prove di quest'accusa sono state trovate. Rage aveva infatti accusato un miliziano somalo, Omar Hashi Hassan, che era stato condannato a 26 anni. Diciassette di questi li ha effettivamente passati in carcere, fino a quando non è stato assolto nella revisione del processo a Perugia. In quell'occasione, Rage ritrattò tutto. Proprio Hassan questa mattina era presente a piazzale Clodio, fuori dal Tribunale di Roma, per ribadire il proprio sostegno alla famiglia della giornalista. "Luciana e suo marito Giorgio", ha dichiarato a Repubblica,"mi hanno sempre aiutato e hanno sostenuto la mia innocenza, fin dal primo giorno. La famiglia Alpi chiese da subito che venissi scarcerato, perché era convinta della mia innocenza, e mi è stata vicina fino all'assoluzione. È giusto che anche Luciana abbia giustizia". Dopo la scarcerazione aveva ottenuto un risarcimento di 3,1 milioni di euro, ma non ha ancora incassato nulla. "Vivo tra l'Italia, l'Olanda e la Svezia, contando sull'aiuto dei miei familiari e sulla solidarietà di tante persone”, ha spiegato Hassan. “In Somalia non sono più tornato. Quanto ai soldi, il mio difensore, l'avvocato Tonino Moriconi, dice che i tempi purtroppo saranno lunghi perché il ministero della Giustizia deve prevedere un accantonamento ad hoc della somma".

Il sostegno alla famiglia Oltre ad Hassan, fuori dal Tribunale erano presenti anche Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana), l'Ordine dei giornalisti, UsigRai (Unione sindacale giornalisti Rai) e i Comitati di redazione della Rai. Tutti in piazzale Clodio per sostenere la famiglia della collega e per chiedere che venga fatta chiarezza. Si sono poi unite anche le associazioni Articolo 21 e Libera informazione. La madre di Iaria Alpi però non vuole farsi illusioni: "Prendo atto che la Procura di Roma ha prodotto una nuova documentazione su questa vicenda. Non voglio fare alcun commento, perché mi sono illusa troppe volte", ha detto uscendo dall'aula del Palazzo di giustizia. "Il giudice ha fissato una nuova udienza per la discussione e noi faremo di tutto perché questa inchiesta non finisca in archivio. Da troppo tempo siamo in attesa di una verità che non arriva. Andiamo avanti insomma, anche se sono stanca", ha concluso.