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Chi è Bernardo Provenzano

Il boss era latitante dal 1963

E' finita la latitanza del boss dei boss Bernardo Provenzano.

Era ricercato dal 1963 dopo l'omicidio di Francesco Paolo Streva, esponente di un clan avversario. Da quel momento carabinieri e polizia gli hanno dato la caccia senza tregua. E' considerato il capo incontrastato di Cosa Nostra. Di lui circolava solo una foto segnaletica scattata il 18 settembre 1959. Provenzano è nato il 31 gennaio del 1933.

Numerosissime le volte in cui stampa e tv hanno mostrato l'unica foto del boss, che risale all'epoca della sua giovinezza e invecchiata al computer. Quell'immagine risale al 1959, data dell'ultimo arresto. Sembrava che la storia di questo misterioso personaggio fosse ormai destinata a diventare mitologia e invece, forse, il boss ha sempre vissuto a Corleone, tra i suoi compaesani in tutta tranquillità.

Nonostante la seconda elementare, Provenzano è un boss di rango, uno di quelli che si fa acoltare che dispensa ordini e saggezze fin dalla giovane età. E' diverso dall'amico Totò Riina perché prima di entrare in azione tenta la mediazione, cerca di misurare la violenza. Ma è altrettanto spietato quando si deve sparare per eliminare un nemico. Fa parte del gruppo di fuoco composto da Giuseppe Ruffino, Calogero Bagarella e Giovanni Provenzano che in un giorno di maggio del 1963 si dà appuntamento per eliminare Francesco Paolo Streva, esponente di spicco del clan Navarra, rivale della famiglia dei corleonesi di Luciano Liggio, di cui Provenzano faceva parte.

Prima di quel fatto di sangue che dà inizio alla lunghissima latitanza, Provenzano era già noto alle forze dell'ordine per alcune vicende criminose. "Elemento scaltro, coraggioso e vendicativo - scriveva di lui la polizia, che lo aveva proposto per il soggiorno obbligato - si sposta con due pistole alla cintola".

Dal 17 settembre 1958, giorno in cui fu arrestato per l'ultima volta, non esistevano altre sue foto, ma solo descrizioni fornite dagli uomini d'onore poi diventati collaboratori di giustizia. Proprio nei mesi scorsi era stato presentato il nuovo identikit del boss mafioso, realizzato grazie all'aiuto di nuovi pentiti come Antonino Giuffré, il suo ex braccio destro, finito in carcere tre anni fa, che ha parlato a lungo di Provenzano ai magistrati.

E' stato Giuffré a descriverlo come un uomo "firrignu", cioé forte, "capace di dormire per piu' notti nel sacco a pelo". Non solo. Era stato proprio il nuovo pentito di mafia a chiarire ai magistrati la strategia numero uno del boss: "Non usa telefoni perché sa che ogni segnale potrebbe svelare il suo nascondiglio". E infatti Provenzano comunicava coi suoi "picciotti" attraverso lettere e bigliettini, in cosiddetti "pizzini".