Altre audizioni sarebbero previste per la prossima settimana. La giovane sparì nel giugno del 1983
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C'è una possibile svolta nell'inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi, avvenuta nel giugno del 1983. La Procura di Roma ha sentito tre persone sul caso: tra loro ci sarebbe un ex allievo della scuola di musica frequentata dalla ragazza. Gli atti istruttori a cura del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Altre audizioni sarebbero state programmate la prossima settimana.
Emanuela Orlandi, una 15enne della Città del Vaticano, sparì il 22 giugno del 1983 nel percorso fra lo Stato pontificio e la scuola di musica che frequentava, in piazza Sant'Apollinare, a Roma. L'inchiesta è stata rilanciata negli ultimi mesi dall'apertura della tomba nella Basilica di Sant'Apollinare del defunto boss della Banda della Magliana Enrico "Renatino" De Pedis, che secondo la testimonianza di persone a lui allora molto vicine sarebbe stato coinvolto nel sequestro. I resti del criminale sono stati traslati e dall'estate scorsa si stanno svolgendo al Laboratorio di antropologia e odontologia forense (Labanof) di Milano lunghe e approfondite analisi sulle ossa sconosciute trovate nella cripta. I risultati dovrebbero arrivare tra due mesi, secondo quanto si apprende: l'anatomopatologa Cristina Cattaneo ha infatti chiesto ancora altro tempo ai pm romani.
Dall'ottobre scorso il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, ha rivolto una petizione al segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, per chiedere che si faccia luce sulla scomparsa della sorella. Secondo Pietro Orlandi, infatti, in Vaticano c'è chi conosce la verità. La petizione ha superato le 100mila firme e dopo le dimissioni di Benedetto XVI, Orlandi è tornato a sollecitare al Papa un appello pubblico sul caso che dura da 30 anni. Due giorni fa ha consegnato una lettera per chiedere a Papa Ratzinger di ricordare Emanuela domani, nel suo ultimo Angelus in piazza San Pietro.
Il caso Orlandi è tornato negli ultimi mesi ad alimentare teorie e ipotesi, tra cui quella di un collegamento con l'attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. A farlo è stato lo stesso attentatore, il turco Alì Agca, ormai libero nel suo Paese, che in una autobiografia pubblicata da un'editrice italiana ha parlato di una pista islamica per entrambi i fatti. L'ex killer dei Lupi Grigi è stato subito seccamente smentito, su questa e su altre presunte rivelazioni, dal portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi.