PIENA LUCE

Napoli, ucciso in pestaggio dal branco: 7 arresti

Dapprima era sembrata una morte per un malore. Poi si è scoperto che Raffaele De Rosa, 36enne di Casoria, è deceduto per le lesioni causate dalle botte ricevute qualche giorno prima in una lite

20 Feb 2013 - 16:37
 © LaPresse

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La sua morte, l'8 maggio 2011, era sembrata una tragedia dovuta a un malore. Invece Raffaele De Rosa, 36enne di Casoria, nel Napoletano, era stato ucciso dalle lesioni causate da un pestaggio subito pochi giorni prima. Il branco di aggressori voleva vendicarsi per una lite che aveva visto protagonista il fratello di De Rosa. I carabinieri di Casoria hanno fatto luce sull'accaduto, arrestando oggi 7 persone per omicidio preterintenzionale.

Solo uno ha confessato - Sei delle persone arrestate sono finite in carcere, la settima, Giovanni Migliore, ai domiciliari. Migliore ha avuto questo beneficio in quanto è l'unico reo confesso. Tutti devono rispondere a vario titolo di omicidio preterintenzionale e di detenzione e porto illegali d'arma e di oggetti atti a offendere. Il pestaggio era stato organizzato come ritorsione contro il fratello della vittima, che aveva litigato con coetanei durante una partita di calcio amatoriale.

Non fu un semplice incidente - L'8 maggio 2011, De Rosa si presentò all'ospedale di Frattamaggiore, dichiarando di essere rimasto vittima di un incidente stradale, rifiutando il ricovero - contro il parere dei medici - e rientrando a casa. Ma lo stesso giorno, per l'aggravarsi delle sue condizioni, l'uomo venne ricoverato e operato nella stessa struttura sanitaria. Poi, in serata morì nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Giugliano, dove i medici l'avevano trasferito. Inizialmente, il decesso fu attribuito alle conseguenze dell'incidente, che secondo la versione di De Rosa era stato provocato da sconosciuti fuggiti dopo averlo investito.

La verità dal cadavere esumato - I carabinieri di Casoria vollero però approfondire le indagini e, nonostante un muro di reticenze, raccolsero elementi sulla violenta aggressione subita da De Rosa in seguito alla lite su un campo di calcetto, davanti a numerosi testimoni. Così il cadavere fu esumato e l'autopsia rivelò che il decesso era stato causato dalla rottura della milza provocata dalle percosse.

La vittima gridava: "Perché lo fate?"- La lite era divampata durante una partita di calcetto quando Raffaele De Rosa e alcuni familiari erano stati accusati di essere sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. De Rosa reagì all'insulto e subito dopo, Salvatore Abbruzzese, il principale indagato, si allontanò minacciando di tornare per dare una dimostrazione della sua forza e della sua potenza, millantando legami con gli ambienti della criminalità organizzata. Di lì a poco organizzò una spedizione punitiva alla quale parteciparono persone armate di pistola, mazze da baseball, nocchiere e altri corpi contundenti. Tra loro anche Migliore che ha riferito agli inquirenti: "L'aggressione è durata fino a quando non sono intervenuti alcuni passanti, i quali grazie anche alle grida degli abitanti delle palazzine popolari ci hanno indotto ad abbandonare De Rosa sul ciglio della strada. Ricordo che era 'sgummat' 'e sangue' (coperto di sangue, ndr) e mi colpì la frase con la quale ci chiedeva perché lo avevamo picchiato". Migliore spiega anche che non conosceva la vittima, e di aver partecipato al raid perché amico di Salvatore Abbruzzese.

Uno degli aggressori con bimbo di 3 anni - Sempre secondo la dichiarazione di Giovanni Migliore emerge che i componenti del branco portarono con sé, nella loro spedizione punitiva, un bimbo di tre anni. "Io sono un venditore ambulante e frequento la piazza Cirillo a Casoria, dove mi trovavo il giorno dell'aggressione". Abbruzzese lo raggiunge, spiega a lui e agli altri di aver appena litigato con De Rosa: "Ci disse che doveva vendicarsi di una precedente aggressione da lui subita ad opera di De Rosa e che pertanto lo avremmo dovuto aiutare per andarlo a picchiare". Abbruzzese e gli altri partecipanti al raid salgono su due auto e si dirigono verso la vittima: in una delle vetture c'è anche il bimbo di tre anni figlio di uno degli arrestati.

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