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L'Esercito vieta i tatuaggi osceni o razzisti

La direttiva allo scopo di "prevenire situazioni che possano incidere sul decoro dellʼuniforme"

IberPress News

"No ai tatuaggi razzisti, discriminatori, osceni, con riferimenti sessuali, o che possano portare discredito alle istituzioni della Stato e alle forze armate". E' la categorica direttiva dell'Esercito che già aveva vietato tattoo e piercing nelle zone visibili del corpo. La necessità a procedere - specifica la circolare inviata ai reparti di tutto il territorio - allo scopo di "prevenire situazioni che possano incidere sul decoro dell'uniforme".

La direttiva dello stato maggiore, che dispone anche una serie di controlli in fase di selezione oltre che verifiche periodiche sul personale, ricorda che i militari si trovano sempre più spesso ad agire "in teatri operativi distanti dalla madrepatria", zone operative contraddistinte "dalla presenza della popolazione civile e contingenti multinazionali con usi, costumi, cultura e religione talvolta molto differenti da quelli che caratterizzano gli italiani ovvero le culture occidentali".

In questo contesto, si legge nel documento diffuso da "forzearmate.org", "l'eventuale presenza di segni esteriori dell'individuo appartenente alla forza militare potrebbe ingenerare un senso di diffidenza/discredito da parte di appartenenti ad altri Paesi che per motivazioni religiose o culturali disapprovino la pratica dei tatuaggi".

Infine, in presenza di un tatuaggio non consentito, il Comandante è invitato ad attivare "un apposito procedimento finalizzato all'eventuale adozione di un provvedimento disciplinare. Nei casi in cui la violazione sia di gravità tale (ad esempio tatuaggi con contenuti offensivi o di vilipendio per le istituzioni o configuranti apologia di reato) da ledere l'interesse generale dell'amministrazione e abbia una rilevanza anche esterna all'amministrazione stessa, possono ricorrere i presupposti anche di una sanzione disciplinare di stato".