Condannato al processo per direttissima
L'ergastolano Maurizio Minghella è stato condannato a dieci mesi di reclusione per la clamorosa evasione del 2 gennaio scorso. La sentenza è stata emessa dal giudice di Biella, Paolo Brovarone, al termine di un processo per direttissima. Il serial killer era sfuggito alla sorveglianza degli agenti mentre si trovava all'ospedale Degli Infermi, dove era stato portato per un controllo medico. I carabinieri lo avevano riacciuffato dopo una serrata caccia.
Minghella però non si è presentato in aula. Al processo hanno testimoniato Giancarlo Italiano, uno dei carabinieri che arrestarono l'evaso mentre tenatava la fuga verso Vercelli, Roberto Canterini, l'agente di polizia penitenziaria della scorta che lo accompagnò in ospedale, e Marco Basile, capo della squadra omicidi della questura di Torino.
Proprio quest'ultimo ha ricordato che Minghella, subito dopo l'arresto, minacciò il magistrato che, a Torino, lo stava accusando di quattro omicidi. "Meno male per lui che mi avete preso, perché altrimenti una pallottola in fronte non gliela levava nessuno". Parole dure che, per il pm Nicola Serianni, varrebbero la richiesta di un aggravamento della pena.
La Procura di Biella ha avviato formalmente l'indagine a carico di due agenti di polizia penitenziaria che avevano il compito di sorvegliare gli spostamenti di Minghella. Tra questi non compare Canterini, apparso in aula in veste di semplice testimone. L'accusa è di aver commesso la cosiddetta colpa del custode, reato punito con il carcere fino a tre anni.
Il serial killer, adesso, dovrebbe essere trasferito in un carcere di massima sicurezza, a Cuneo o Novara.