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Terremoto, le psicologhe sul campo: "Gli anziani non vogliono lasciare la loro terra"

Tante le storie: dalla signora che pur di stare a casa sua va lì a farsi un caffè, allʼagricoltore che non vuole perdere la sua attività

Terremoto, le psicologhe sul campo:
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"Non posso lasciare la mia terra.

Dove vado se non qui?", "E' un sogno, ci dobbiamo svegliare": a parlare sono loro, gli anziani del sisma. I luoghi del terremoto tra Marche e Umbria sono per lo più abitati da persone avanti con l'età, in molti casi con gravi difficoltà fisiche. Le psicologhe d'emergenza dell'associazione Sipem - Società Italiana Psicologia dell'Emergenza - Elena Zito e Sabrina Marini raccontano a Tgcom24 la loro esperienza con gli anziani sul campo.

La dottoressa Elena Zito è stata a Ussita nei giorni successivi al sisma del 26 ottobre e attualmente viaggia tra i comuni di Camerino e Visso, mentre la sua collega Sabrina Marini ha vissuto la forte scossa del 30 ottobre a Camerino. Entrambe hanno operato nei centri di accoglienza, in cui hanno incontrato i tanti anziani colpiti dal sisma.

Terremoto, le psicologhe sul campo:
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Dott.ssa Marini, ha notato una presenza massiccia di anziani nei centri colpiti dal terremoto?
Il giorno della scossa più violenta, il 30 ottobre, io ero a Camerino per aiutare dopo il sisma del 26. Ho sentito la terra tremare mentre mi trovavo in piazza. E' subito arrivata una moltitudine di gente. Anche il centro di accoglienza in cui operavo si è subito riempito. In queste popolate strutture ho notato un'elevata percentuale di persone anziane, con problemi fisici, difficoltà a camminare o disabilità di altro tipo. Nelle loro condizioni, è più difficile dormire nelle brande e, quindi, vivere anche temporaneamente nei centri.

Come vivono, quindi, il fatto di dover lasciare la propria terra?
Gli anziani provano paura, timore, ansia. Ma, soprattutto, sono combattuti: da un lato, l'instabilità della situazione e il terrore di una nuova possibile scossa sono per loro impossibili emotivamente e psicologicamente da sostenere, ma dall'altro, sentono di non poter abbandonare il loro mondo, le loro abitudini, le loro case, seppur distrutte. E' uno sradicamento totale. Sono nati lì, è il loro ambiente, il loro tutto, la loro identità. Non vogliono andarsene. 

Ha visto una differenza di atteggiamento dopo il sisma del 30 ottobre, rispetto a quello del 26?
Il terremoto del 26 ottobre ha creato danni, ma comunque alcune case erano ancora agibili. Con la forte scossa di domenica tanta gente si è vista sventrare le mura della propria casa. Il centro di Camerino è in ginocchio. 'Ho una casa e due appartementi, in cui abitano i miei figli. O meglio, questa mattina li avevo e ora non li ho più', mi ha confidato un anziano. Quello che emerge è, però, la dignità con cui queste persone affrontano la drammatica situazione. In molti mi dicono "E' un sogno, ci dobbiamo svegliare". Ma comunque cercano di reagire in maniera esemplare.

Cosa l'ha colpita degli anziani che ha incontrato?
Una donna di 100 anni, ad esempio, sola e con difficoltà motorie mi ha detto: 'Ho visto tanti terremoti, ma questo è il peggiore di tutti. Però non voglio assolutamente lasciare la mia terra'. Un uomo di 82 anni, con il bastone, è invece arrivato al centro camminando con difficoltà. Noi gli abbiamo detto: 'In queste condizioni fisiche lei deve andare in qualche struttura sulla costa', ma lui ha risposto: "Assolutamente no. E dove vado? Questa è la mia casa'.

Come vivono la lontananza dalle proprie case e abitudini?
C'è una signora di 75 anni, ad esempio, che deve controllare la sua casa a tutti i costi. E' una questione di identità. E così ogni giorno si reca nella sua abitazione, o meglio nei resti di essa. Lei va lì, prende alcuni effetti personali o si fa un caffè, per sentirsi a casa.

E chi ancora gestisce attività come fa?
Ho incontrato un signore di 75 anni che ha perso tutto a causa del terremoto, ma non vuole andare via da Camerino perchè ha un'attività agricola. 'Ho perso la casa, ho perso tutto - mi ha detto - Come faccio a lasciare anche il mio lavoro?".

Alcuni, però, si sono trasfersi negli alberghi?
Sì, alcuni sì, per non avere più paura di una nuova scossa da un momento all'altro. Ma comunque assicurano che il loro è un viaggio temporaneo, in attesa di poter presto tornare nella loro terra.

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Dott.ssa Elena Zito, durante la sua esperienza al centro di accoglienza di Ussita ha incontrato diversi anziani. C'è una storia che l'ha colpita particolarmente?
Ho in mente un'anziana di 94 anni, completamente sola. Ha la casa inagibile e ora è nel centro di accoglienza. Mi ha detto un giorno: 'Sono sopravvissuta alle bombe della guerra, causate dalle cattiverie degli uomini, posso sopravvivere anche alla terra che cambia'. 

Quali sono le vostre modalità di azione per aiutare questi anziani?
Noi, in collaborazione con Ape, Ares e Croce Rossa Italiana, adottiamo la modalità emergenziale: le parole chiave sono accoglienza, supporto, ascolto, normalizzazione. Cerchiamo di portare gli anziani a esprimere il loro disagio. I nostri interventi sono di tipo psicoeducativo: indichiamo quali sono le nuove norme, facilitiamo le relazioni con i parenti, con i soccorritori, aiutiamo le persone a capire quali sono i limiti della loro autonomia. Specialmente quando non vogliono andare via dal proprio paese.

E di che tipo di aiuto hanno bisogno?
Quello di cui hanno bisogno, soprattutto se se sono soli, è compagnia e un po' di leggerezza. Ma, in particolare, di quotidianità, una chiacchierata ad esempio. Noi ascoltiamo i racconti e gli stati d'animo.

Cosa fate, invece, per cercare di convincerli a lasciare la propria terra?
Per loro andare via dai propri paesi rappresenta un distacco dalla realtà. Per convincerli non possiamo che parlarci, senza esercitare alcuna pressione sulla persona, per portarli a reagire, a comprendere la situazione.