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Crollo ponte, editoriale La Vanguardia:
"Il prezzo di un viadotto"

Il quotidiano spagnolo analizza la tragedia del viadotto Morandi dal punto di vista della controversia tra autostrade e il "governo populista" e della situazione politica del Paese

Crollo ponte, editoriale <i>La Vanguardia</i>:<br>
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La tragedia del crollo ponte Morandi a Genova continua ad avere grande risonanza mediatica anche all'estero.

L'ultimo esempio arriva dalla Spagna, sul numero di sabato 18 agosto de "La Vanguardia". Nell'editoriale dal titolo "Il prezzo di un viadotto", firmato dal giornalista Ramon Aymerich pubblicato all'interno del quotidiano catalano, si parla della controversia tra Autostrade per l'Italia e il "governo populista", con analisi sulla situazione politica del nostro Paese.

Gli italiani di cinquant'anni fa erano come gli abitanti del Nord Europa di oggi. I maestri del design. Design di vestiti, di gioielli, di mobili. Di film e romanzi. Inventavano ricette. E passavano per essere il laboratorio politico d'Europa. La gente visitava l'Italia per mangiare bene. Per vedere edifici antichi, comprare un paio di riviste di design e per conoscere come sarebbe stato il futuro della politica. Con il passare del tempo è diventato palese che l'Italia non era tanto lontana da qui. Ma per certi versi era anche peggio.

Il viadotto che è crollato a Genova provocando la morte di oltre 38 persone è una costruzione di fine anni Sessanta. L'ambizioso ponte fatto di cemento e ferro dell'ingegner Riccardo Morandi era considerato come un'opera maestra. Ora invece c'è chi considera che il ponte fosse "moribondo" e che sarebbe stato necessario controllarlo giorno per giorno per evitare quanto accaduto. Il disastro di Genova ha fatto da catalizzatore per le critiche contro l'establishment italiano. I populisti che governano il Paese hanno attaccato la famiglia Benetton, prima azionista di Atlantia, che è a sua volta la prima azionista di Autostrade, l'azienda concessionaria del ponte crollato. I Benetton avrebbero delle responsabilità. In giugno United Colors of Benetton ha utilizzato una fotografia dei migranti della nave Aquarius per una sua campagna pubblicitaria. Una mossa che non è piaciuta al governo.

Con la caduta del ponte di Genova l'azienda non è stata fortunata. Quando i membri dell'esecutivo hanno minacciato la revoca della concessione, Atlantia ha sventolato gli indennizzi che questa scelta avrebbe comportato. Il tutto senza versare lacrime nel suo comunicato. Giovedì l'azienda ha perso il 22% del suo valore in Borsa. I populisti sono imprevedibili. Creano un ambiente scivoloso per le grandi corporazioni. La retorica anti-elitaria confonde i gruppi imprenditoriali, disinformati da una logica che non controllano. Negli Stati Uniti Trump governa come se stesse giocando una partita di poker, allo stesso modo in Italia Salvini e Di Maio discutono di cosa fare con il primo gruppo di infrastrutture europeo.

L'Occidente sta votando politici populisti come non avveniva dalla Grande Depressione degli anni Trenta. Ma la parola populismo non dice molto. È un termine che serve a squalificare il contrario. E ciò minaccia il sistema tradizionale dei partiti (liberali, conservatori e socialdemocratici). In qualsiasi caso, i populisti proliferano, per ragioni diverse che comunque non spiegano tutto.

1) Perché Internet, dopo aver sconvolto il mondo del commercio, delle banche e dei media, sta mandando in cortocircuito la politica tradizionale.
2) Perché la pressione migratoria crea uno stato d'animo particolare in quelli che votano (anche se la statistica smentisce che ci sia una pressione migratoria).
3) Perché gran parte dell'opinione pubblica non percepisce un miglioramento della propria situazione personale.

Nel secolo passato i populisti sono scomparsi quando l'economia è ripartita. Oggi non sta succedendo. Perché?