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Eternit, Cassazione: "Reati prescritti" Procura Torino chiede nuovo processo

Per la suprema corte inoltre con la prescrizione cadono "tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni"

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Il processo Eternit per le morti da amianto era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell'imprenditore svizzero Schmideiny. A sottolinearlo è la Cassazione nelle motivazioni della sentenza che il 19 novembre ha, tra l'altro, annullato i risarcimenti alle vittime. Dopo il deposito degli atti, la Procura di Torino ha chiesto un nuovo rinvio a giudizio per l'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny con l'accusa di omicidio volontario.

Eternit, Cassazione: "Reati prescritti" Procura Torino chiede nuovo processo

Con la nuova richiesta di rinvio a giudizio la Procura di Torino cerca così di cerca così di "superare" la prescrizione del reato riconosciuta dalla Cassazione che ha prosciolto Schmidheiny.

Procura: "Omicidio aggravato da motivi abietti e volontà di profitto" - Secondo l'accusa, Schmidheiny, "nonostante sapesse della pericolosità dell'amianto", avrebbe "somministrato comunque fibre della sostanza". Le aggravanti ipotizzate dai pm Raffaele Guariniello e Gianfranco Colace, che hanno condotto l'inchiesta, sono quelle dei motivi abietti, la volontà di profitto, e del mezzo insidioso, l'amianto.

Solo 66 delle 258 vittime sono ex lavoratori degli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato (Alessandria) e Cavagnolo (Torino), mentre tutti gli altri sono residenti di quelle zone.

I parenti delle vittime: "Ingiusto prescrivere questi reati" - "La sentenza Eternit ha seguito una logica giuridica che andava bene 80 anni fa". Lo sostiene Bruno Pesce, portavoce dell'Afeva, l'associazione che riunisce i parenti delle vittime dell'amianto di Casale Monferrato. "Il disastro è ancora in essere negli effetti e nelle cause. La legge non è del tutto chiara in materia di disastri ambientali ma per fatti come questo non dovrebbe esserci la prescrizione", sottolinea Pesce.

La prescrizione calcolata dall'agosto del 1993 - Ad avviso della Cassazione "a far data dall'agosto dell'anno 1993" era ormai acclarato l'effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell'anno, era stata "definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti". "E da tale data - prosegue il verdetto - a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti" per "la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005".

Per Schmidheiny responsabilità fino al 1986 - Per la Cassazione "la consumazione del reato di disastro non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri" d'amianto "prodotte dagli stabilimenti" gestiti da Stephan Schmidheiny e cioè "non oltre il mese di giugno dell'anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo".

Prescrizione cancella i risarcimenti - Secondo quanto deciso dalla Cassazione inoltre "per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado", cadono "tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni".

Per la Cassazione contestare il reato di strage è stato un errore - Ad avviso della Cassazione l'imputazione di disastro a carico dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. Lo scrivono i supremi giudici nel verdetto Eternit.

In pratica "colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage" verrebbe punito con solo 12 anni di carcere e questo è "insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso", aggiunge la Suprema Corte.