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Ucciso a Roma, la confessione di Manuel: per adescarlo gli abbiamo offerto 120 euro

Foffo al pm: "Volevamo vedere lʼeffetto che fa uccidere". Lui e Marco Prato hanno chiamato Luca Varani per una prestazione sessuale. Poi gli hanno fatto bere un medicinale, che lo ha stordito e hanno iniziato la mattanza. "Diventati animali"

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"Volevamo uccidere qualcuno.

Volevamo vedere l'effetto che fa". Così Manuel Foffo, il 30enne responsabile, insieme a Marco Prato, 29 anni, dell'omicidio di Luca Varani ha confessato quanto accaduto venerdì in un appartamento del quartiere Collatino di Roma. I due cercavano una vittima da immolare. Prato ha pensato di chiamare Luca Varani, che sapeva si prostituiva. Così lo hanno adescato con la promessa di 120 euro. "Ci siamo trasformati in animali".

L'accusa formulata dal pm Francesco Scavo nei confronti dei due giovani è di omicidio premeditato aggravato dalla crudeltà, le sevizie e i futili motivi.

Il 23enne seviziato per farlo morire lentamente - Manuel Foffo, ascoltato dal magistrato, ha ricostruito con lucidità e distacco la brutale uccisione perpetrata insieme all'amico Prato. Un racconto che gli inquirenti reputano attendibile. Stando a quanto si apprende, la vittima sarebbe stata colpita con coltelli e oggetti contundenti e avrebbe avuto una morte lenta, durata probabilmente alcuni minuti. Varani, invitato in casa con il pretesto di una festa con alcol, droga e sesso, sarebbe stato immediatamente messo in condizioni di non poter reagire o di gridare.

Foffo e Prato hanno cercato di ripulire la scena del crimine
- Foffo e Prato, che avrebbero agito semplicemente perché intenzionati a "uccidere qualcuno", si sarebbero quindi accaniti sul corpo del ragazzo, torturandolo. I due, inoltre, prima di smettere avrebbero anche tentato di "ripulire" la scena del delitto, gettando in un cassonetto gli abiti della vittima e il suo telefono cellulare. Secondo quanto si apprende, i vicini di casa non avrebbero sentito rumori o grida provenire dall'appartamento.

Sono rimasti con il cadavere in casa per ore - Questa circostanza troverebbe riscontro nel fatto che Varani sia stato subito ridotto all'impossibilità di reagire o di parlare dai suoi aguzzini. Dopo l'uccisione, i due sarebbero rimasti per alcune ore in casa insieme al cadavere. Solamente sabato mattina, incontrando il padre in occasione del funerale dello zio, Foffo avrebbe confidato l'accaduto al genitore e poi ai carabinieri.

Marco Prato e il tentativo di suicidio -
Prato, invece, una volta lasciato l'appartamento di via Giordani ha cercato rifugio in un albergo di piazza Bologna, dove ha tentato il suicidio con un mix di barbiturici e alcol, prima di essere rintracciato dai carabinieri anche grazie alle indicazioni del complice. Foffo e Prato, si erano conosciuti a dicembre e da allora avevano stretto un legame di amicizia. Prima di attirare Varani nella casa divenuta trappola mortale i due avevano passato già due giorni consumando un quantitativo di cocaina che avevano acquistato per circa mille euro. L'interrogatorio di convalida e garanzia dei fermati si terrà nei prossimi giorni davanti al gip Riccardo Amoroso.

Nel verbale il racconto del delitto - Nel verbale dell'interrogatorio, Foffo racconta di aver ucciso Varani "utilizzando due coltelli e un martello. Entrambi abbiamo partecipato all'omicidio utilizzando le armi citate. Ricordo di aver utilizzato il coltello per colpire Luca al collo. Anche se non ricordo bene, credo di averlo compito anche in altre parti del corpo. Non lo abbiamo mai colpito contemporaneamente. Ricordo solo che la morte è sopravvenuta dopo molto tempo e Luca ha sofferto molto". Il giovane, quindi, riferisce che "sia io che Marco eravamo molto provati dall'uso prolungato di cocaina e quindi non più lucidi": i due, infatti, da mercoledì 2 marzo hanno "più volte chiamato lo spacciatore che ci portava la sostanza. Non so essere preciso sui grammi acquistati, ma posso quantificare in circa 1.500 euro il denaro speso".

Quindi, la ricostruzione della progettazione del delitto: "La mattina del 4 marzo Marco ha mandato un messaggio WhatsApp a Luca. Eravamo in sala attorno al tavolo. Ricordo però che prima di questo evento, siamo usciti in macchina e ricordo che avevamo il desiderio di fare del male a una persona qualsiasi. Questa cosa è maturata nelle nostre menti nella notte di giovedì. Quando eravamo in macchina non abbiamo portato a termine la nostra intenzione di fare del male a una persona in quanto non abbiamo trovato nessuno. Lo avremmo forse fatto se avessimo trovato quella persona". Quindi, quando Varani è arrivato a casa, "c'è stato quasi un tacito accordo tra me e Marco".

Dopo avergli versato un medicinale nel bicchiere, "Luca è andato in bagno e si è sentito male. Qui Marco lo ha aggredito e ricordo che gli ha detto che sia io che lui avevamo scelto che lui doveva morire".