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Terrorismo, la rete di Amri progettava un attentato alla stazione Laurentina della metro di Roma

La cellula, smantellata dalla polizia, era formata soprattutto da tunisini

Terrorismo, la rete di Amri progettava un attentato alla stazione Laurentina della metro di Roma - foto 1
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La cellula di Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di Natale di Berlino e ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) nel 2016, progettava, secondo La Repubblica, un attentato alla stazione Laurentina della metro di Roma.

La rete, smantellata dalla polizia, era formata soprattutto da tunisini e operava in provincia di Latina. Scoperto un doppio livello: un primo di estremisti e un secondo di procacciatori di documenti falsi.

Amri e i suoi connazionali discussero a lungo del piano, elaborato nel giugno del 2015, ma poi, per motivi ancora da scoprire, l'attentato contro la metro della linea B non fu portato a termine e rimase soltanto a livello teorico.

Nella rete c'erano estremisti islamici pronti a punire i "maiali" occidentali per il loro stile di vita, ma anche falsari interessati al denaro e non alla religione. L'analisi dei telefoni di Amri ha già dato tante risposte agli investigatori. Nel primo livello c'era anche Mounir Khazri, un 37enne tunisino radicalizzato tra i contatti di Amri. "Si è reso protagonista - scrive il gip - di condotte di incitamento all'azione violenta con finalità terroristiche ai danni di cittadini italiani".

"Agli infedeli tagliare la testa e i genitali" - Khazri è in contatto diretto con Abdel Salem Napulsi, il palestinese arrestato. Il 23 agosto i due parlano al telefono. "Non ti devi fidare di loro perché sono infedeli, gente che non conosce Dio, gente senza parole di valore", dice Napulsi che poi, quando Mounir sottolinea che "i cani ti scanno ascoltando", prosegue: "infedeli... bisognerebbe mettere la loro testa sul tagliere e via e colpire (mozzare la testa) e avanti un altro. Bisogna tagliargli testa e genitali".

Nel secondo livello ci sono invece i falsari, i procacciatori di documenti, tra cui Akram Baazaoui, tunisino: nel 2015 era fisso a Latina ma soprattutto è al vertice di un'organizzazione che si muove tra Napoli e Caserta e che secondo gli inquirenti è un "vero e proprio punto di riferimento per i tunisini che emigrano in occidente". Baazaoui tiene i contatti con il nord Africa "per la predisposizione degli sbarchi" e con i referenti nei paesi europei per la destinazione finale dei connazionali. L'organizzazione, dicono gli inquirenti, si occupa di tutto: "del trasporto, della sistemazione provvisoria in Italia, della fornitura di documenti falsi e vitto agli immigrati, del successivo trasporto per il paese di destinazione in cambio di sostanziose rimesse di denaro girate su conti correnti all'estero".