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Appalti Marina Militare: un nuovo arresto a Taranto

In manette il tenente di vascello Francesca Mola, accusata dei reati di concorso in corruzione aggravata e turbata libertà degli incanti.

Nuovo arresto nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla Procura di Taranto sugli appalti della Marina Militare, che nei giorni scorsi ha portato all'arresto del capitano di vascello Giovanni Di Guardo e dell'imprenditore Vincenzo Pastore.

I finanzieri del nucleo di polizia tributaria hanno, infatti, notificato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere al tenente di vascello Francesca Mola, 31 anni, per concorso in corruzione aggravata e turbata libertà degli incanti.

L'ufficiale donna è stata prelevata dalla sua abitazione di Crispiano e condotta nella sezione femminile del carcere di Taranto. A firmare il provvedimento restrittivo è stato il gip Valeria Ingenito, su richiesta del sostituto procuratore Maurizio Carbone.

Di Guardo era stato bloccato per strada dai finanzieri dopo aver ricevuto dall'imprenditore una busta contenente 2500 euro. Si trattava, secondo l'ipotesi investigativa, del secondo acconto versato per l'aggiudicazione di un appalto, non ancora assegnato, di 11 milioni e 300mila euro, relativo al servizio di pulizie nelle basi di Taranto e Napoli. Pastore - sempre secondo i pm - avrebbe corrisposto a luglio, a Di Guardo, un'altra mazzetta da 10mila euro. Per pilotare l'appalto, sempre stando alle ipotesi dell'accusa, i due ufficiali avrebbero dovuto ricevere in cambio circa 200mila euro e auto di lusso.

Dopo l'ennesimo arresto, la Marina Militare "auspica che si faccia chiarezza al più presto su tutta la faccenda, che si possano rapidamente chiudere le indagini e definire la posizione di chi è coinvolto". Nel frattempo, esprimendo "totale fiducia nel lavoro della magistratura", spiega che "nessun atto amministrativo di impegno da parte della Marina Militare è stato assunto in quanto la gara in questione non si è svolta e l'appalto non è stato aggiudicato".

L'inchiesta madre sul giro di mazzette in Marina era già sfociata nella richiesta di rinvio a giudizio per 11 persone, dieci delle quali furono raggiunte da misure cautelari tra marzo 2014 e ottobre 2015.