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Pedopornografia: video abusi su neonati, 6 arresti polizia postale

Coinvolto anche un assistente sociale, che nel 2014 aveva già patteggiato due anni per reati analoghi. Le persone indagate si scambiavano il materiale tramite delle "stanze virtuali"

Pedopornografia: video abusi su neonati, 6 arresti polizia postale - foto 1
agenzia

Ci sono anche abusi su neonati nei video pedopornografici sequestrati dalla polizia postale di Torino, che ha arrestato sei persone, tra le quali un assistente sociale in servizio in una sede Asl.

L'uomo, 43 anni, lavorava nell'hinterland fiorentino a contatto con i bambini. Arrestato in flagranza durante una perquisizione della Procura di Torino, nel 2014 aveva patteggiato, sempre a Firenze, una condanna a 2 anni per reati analoghi.

Nell'abitazione del 43enne sono stati sequestrati hard disk con un'ingente quantità di foto e video a carattere pedopornografico, oltre a chat erotiche.

Oltre ai sei arresti, ci sono state 16 denunce, anche queste su tutto il territorio italiano. L'indagine aveva preso il via dall'analisi di alcune "stanze virtuali" in cui i partecipanti si scambiavano informazioni e materiale video. ​Nel gruppo di persone coinvolte, di diverse zone d'Italia, i partecipanti avevano ruoli differenti e i coordinatori potevano escludere chi non contribuiva con materiali e video.

Le indagini sono ancora in corso per definire con precisione i compiti dei partecipanti alle "stanze virtuali" e per verificare se, in alcuni casi, siano anche stati consumati rapporti sessuali con minori. Le persone perquisite sono tutte italiane, esattamente come era italiana la lingua utilizzata nei commenti alle immagini pubblicate.

L'attività di osservazione e di raccolta degli elementi probatori "è stata molto lunga soprattutto per le policy del gestore ostile a fornire informazioni sui propri iscritti", si legge in una nota della questura di Torino. L'indagine ha fatto perno "sulle componenti comportamentali dei vari autori delle condotte delittuose - spiega la polizia postale -, nonché sull'attribuzione delle immagini condivise ai diversi profili, in modo da ottenere riscontri dalla successiva attività a carico dei soggetti indagati".

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i titolari dei profili incriminati avevano tra loro diversi ruoli di responsabilità: dettavano regole che i partecipanti ai gruppi erano obbligati a osservare. Inoltre si riservavano la potestà di escludere chi non avesse prestato un contributo in termini di materiale condiviso, suddiviso per range di età e sesso dei minori utilizzati per la realizzazione dei video.