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Omicidio Vasto, padre della vittima: "Campagna d'odio contro di lui"

Angelo DʼElisa: "Abbiamo scritto alla famiglia di Roberta dopo lʼincidente ma non ci hanno risposto. Mio figlio stava male, hanno ucciso un morto"

"Mio figlio è stato vittima di una campagna d'odio": sono le parole di Angelo D'Elisa, padre di Italo, il giovane ucciso a Vasto da Fabio Di Lello per vendicare la morte della moglie Roberta, investita dal giovane in un incidente del luglio scorso.

"Hanno ucciso un morto dopo averlo emarginato e lasciato solo. Stava malissimo e la notte aveva gli incubi" ha aggiunto il papà della vittima in un'intervista al quotidiano La Repubblica.

"L'odio non porta a niente" dice Angelo, il padre di Italo D'Elisa, freddato con quattro colpi di pistola da Fabio Di Lello che si è poi immediatamente costituito. Ma la vita del giovane ucciso per vendetta era cambiata da tempo secondo il racconto del genitore. Da quel maledetto luglio del 2016 quando investì e uccise la 34enne Roberta Smargiassi, moglie di colui che sarebbe poi diventata il suo assassino. "Italo stava malissimo, aveva paura a uscire di casa. Non aveva più la patente e anzi l'auto non l'ha più nemmeno toccata. Era in uno stato di shock pazzesco" spiega il papà di Italo a Repubblica. 

Angelo racconta la quotidianità da incubo di Italo, che non si dava pace per quell'incidente costato la vita a Roberta: "Si metteva a letto e dopo due ore si svegliava di soprassalto con quell'immagine negli occhi. La rivedeva tutte le notti quella donna. I medici mi dicevano di aiutarlo perché rischiava di chiudersi definitivamente in se stesso. Nessuno può sapere cosa si prova se non lo si vive". Nei paesi le voci che girano sono tante: a Vasto c'era chi diceva che Italo dopo l'incidente fosse a pezzi ma altri sostenevano che facesse impennate davanti a Fabio: "Viveva un inferno" assicura il padre.  


La lettera alla famiglia di Roberta - Angelo spiega anche dei tentativi fatti per avvicinarsi alla famiglia di Roberta: "Abbiamo scritto subito una lettera di condoglianze con il nostro dolore per quello che era accaduto. Ma non abbiamo mai ricevuto risposta". Da lì, invece, sono partite tante accuse e anche insulti verso Italo: "Pagine Facebook, siti internet, fiaccolate. Neanche se mio figlio fosse stato un killer di professione. Era un bravo ragazzo di 20 anni, non un super ricercato di mafia". 

Il padre distrutto dal dolore non si dà pace anche per la "campagna d'odio", così la definisce, scatenata contro Italo dopo la tragedia dell'incidente: "Lo hanno lasciato solo e si sono divertiti alle sue spalle sui social network. Il sito in cui lo attaccavano con parole orribili aveva 1500 adesioni. Tantissime per un paese come Vasto". L'unica cosa che dovevano fare, secondo lui, il suo Italo e Fabio, il marito di Robera, sarebbe stata quella di "incontrarsi, abbracciarsi, parlarsi e piangere assieme. Magari sarebbero diventati amici". Accomunati da una tragedia. E invece uno ha finito per diventare il definitivo carnefice dell'altro. "Fabio Di Lello ha commesso un atto osceno" sottolinea Angelo. 

E quando gli chiedono se avesse mai avuto paura di possibili ritorsioni, Angelo risponde: "Ho sempre avuto fiducia nella magistratura. Vivo in un paese civile ma certo sentivo certe voci in giro... C'era chi mi diceva che dovevo difendermi perché avrebbe fatto quello che poi ha fatto davvero". 

Cosa raccontava Italo dell'incidente - "A Italo ho sempre detto: coraggio, passerà. In ospedale, dopo l'incidente mi disse: te lo giuro non correvo, non sono scappato. Ho chiamato subito i soccorsi" conclude Angelo, che il figlio lo ricorda così: "L'ultima volta l'ho visto a pranzo. E' uscito dicendo: vado a fare un giro in bicicletta che è una bella giornata. Provo a svagarmi un po'. Ma non è più tornato". Non era una bella giornata. Era una giornata di vendetta personale e di una nuova tragedia e nuovo dolore aggiunti a vecchie tragedie e vecchi dolori.