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Caso pedofilia in diocesi, il vescovo di Isernia: "Chiedo perdono"

"La Chiesa sceglie di stare senza se e senza ma dalla parte delle vittime e di trattare secondo giustizia i responsabili"

Caso pedofilia in diocesi, il vescovo di Isernia:
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"Chiedo perdono per le vicende passate e per quelle che hanno ancora forti ripercussioni nel presente.

Sono qui per questo". Così il vescovo di Isernia-Venafro, Camillo Cibotti, su un presunto caso di pedofilia nella diocesi denunciato in Procura, dopo più di 10 anni dai fatti, da un ragazzo (oggi maggiorenne). "Le mie parole - afferma - non scaturiscono in risposta al clamore mediatico, sono generate dall'amore per la giustizia e la verita'".

Il ragazzo ha denunciato di aver subito abusi, quando era minorenne, da un prete con la complicità di altri uomini di chiesa. Del presunto caso si è saputo dopo che l'avvocato e presidente del Movimento "Non abbiate paura", Sergio Cavaliere, si è rivolto agli organi inquirenti alcuni mesi fa, dopo aver raccolto la testimonianza della presunta vittima.

"Vorrei che sia chiaro questo - dice il vescovo - la Chiesa di cui sono padre nella fede e della quale mi sento figlio sceglie di stare senza se e senza ma dalla parte delle vittime e di trattare secondo giustizia i responsabili".

Poi Monsignor Cibotti cita Papa Francesco: "Seguendo l'esempio di Sua Santità ho agito in comunione con lui. Perciò, ora posso dirlo a chiare lettere: a proposito dei fatti in questione anche se penalmente non ci fosse rilevanza, canonicamente, cioè secondo le regole che come Chiesa ci siamo dati, siamo in dovere di prendere provvedimenti disciplinari, perché non possiamo accettare fraintendimenti. Sono stati avviati, o in procinto di esserlo, dei Procedimenti Canonici. Tuttavia, questo non mi impedisce di guardare con misericordia i sacerdoti coinvolti in queste vicende e i confratelli che hanno attraversato esperienze simili".

Quindi, il Vescovo spiega il suo silenzio durato fino ad ora: "Ho ritenuto fondamentale tutelare la riservatezza, verificare l'attendibilità, collaborare con la Magistratura nel vagliare le responsabilità personali". Quindi, un appello a chi subisce abusi: "Mi rivolgo a coloro che hanno visto la loro vita segnata per sempre: sappiano di trovare in me e nella Chiesa che mi onoro di servire ascoltatori attenti, disponibili a fare la propria parte fino in fondo e ad indirizzare alla Magistratura, li' dove le competenze del solo Tribunale Ecclesiastico non fossero sufficienti. Questo risulterà fondamentale per restituire a questa Chiesa la credibilità e l'onestà che le derivano dall'operato di tanti uomini e donne di buona volontà".