la querelle tra il Governo e francoforte

Cos'è questa storia dell'oro agli italiani che ha fatto arrabbiare la Banca centrale europea

Fratelli d'Italia aveva presentato un emendamento per stabilire che le riserve auree della Banca d'Italia "appartengono al popolo italiano". La Bce ha risposto picche: ecco cosa c'è dietro questa storia e perché fa discutere

03 Dic 2025 - 15:43
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La Banca Centrale Europea ha detto no a un emendamento presentato da Fratelli d'Italia alla legge di bilancio. La proposta, firmata dal senatore Lucio Malan, enunciava una cosa apparentemente semplice: "Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d'Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano". Una frase elementare e a tratti scontata, ma che invece ha scatenato un caso politico e istituzionale che arriva da lontano e che mette in discussione i rapporti tra l'Italia e l'Unione Europea. 

Il valore dell'oro della Banca d'Italia

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Di quanto oro stiamo parlando?

 La Banca d'Italia custodisce una quantità enorme di oro: 2.452 tonnellate, per la precisione. È la terza riserva al mondo, dopo Stati Uniti e Germania. Il valore iscritto a bilancio è di quasi 200 miliardi di euro, ma con i prezzi dell'oro saliti negli ultimi anni, il valore di mercato è arrivato a circa 280 miliardi.

Per dare un'idea: è circa l'intero valore del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato con fondi europei. L'intera legge di bilancio di quest'anno, invece, pesa poco meno di 20 miliardi di euro. Insomma, una montagna di soldi.

La proposta del governo

 L'emendamento di Fratelli d'Italia, non cambia nulla nella pratica ma ribadisce il principio. che l'oro è già formalmente dello Stato italiano e viene gestito dalla Banca d'Italia nell'interesse del paese. Ma perché ripeterlo se l'oro è già degli italiani? Perché tecnicamente l'oro appartiene allo Stato italiano, ma non può essere toccato dal governo. Il motivo è che viene gestito dalla Banca d'Italia, che è un'istituzione pubblica ma indipendente dalla politica. 

Le riserve auree servono per proteggere la stabilità finanziaria del paese in caso di crisi gravi. È come un salvadanaio per le emergenze: c'è, ma non puoi aprirlo ogni volta che ti serve qualche soldo per le spese quotidiane. Se un governo decidesse di venderlo per pagare le pensioni o costruire strade, i mercati finanziari lo vedrebbero come un segnale di disperazione e la credibilità del paese crollerebbe.Ma c'è un'altra ragione, ancora più importante, per cui il  governo non può mettere le mani su quell'oro.

Il problema europeo

 Quando l'Italia è entrata nell'euro, ha ceduto la sua sovranità monetaria all'Unione Europea. In pratica, ha accettato che la Banca d'Italia non fosse più completamente indipendente, ma facesse parte di un sistema più grande: quello delle banche centrali europee, coordinate dalla Bce.

Questo significa che l'oro italiano non serve più solo all'Italia, ma a tutto il sistema dell'euro. Serve a garantire la stabilità della moneta unica, non solo della lira (che ormai non esiste più). La Banca d'Italia, per statuto, è sottoposta alla supervisione della Bce e deve rispettare i trattati europei. Che dicono una cosa molto chiara: le banche centrali non possono finanziare direttamente i governi. Se lo Stato italiano prendesse l'oro della Banca d'Italia per fare spesa pubblica, sarebbe esattamente questo: un finanziamento diretto. Che è vietato.

Perché la BCE ha detto no

 Nel parere inviato al governo italiano il 2 dicembre, la Bce è stata piuttosto secca: "Non è chiaro quale sia la concreta finalità della proposta". Tradotto: "Cosa volete fare esattamente con questo emendamento?" I banchieri di Francoforte hanno aggiunto che, in assenza di spiegazioni, invita l'Italia a riconsiderare la proposta "anche al fine di preservare l'esercizio indipendente" della Banca d'Italia. Tradotto: "Questo emendamento rischia di mettere in discussione l'indipendenza della Banca d'Italia e i trattati europei".

Il problema, infatti, è che l'emendamento non usa le parole che si usano normalmente per parlare di riserve auree. I trattati europei non parlano mai di "proprietà" dell'oro, ma di chi può "disporne": solo le banche centrali nazionali, per finalità di politica monetaria decise dalla Bce. La formula "appartiene allo Stato, in nome del popolo italiano" suona come un modo per dire: vogliamo poterne disporre noi. E questo è esattamente ciò che i trattati europei vietano.

Una battaglia che viene da lontano

  L'emendamento di Fratelli d'Italia non è una novità. È una battaglia storica della destra, che risale ai tempi in cui lo stesso partito di Giorgia Meloni aveva posizioni apertamente antieuro e chiedeva l'uscita dell'Italia dall'Unione Europea. L'idea era sempre la stessa: riprendersi la sovranità monetaria, liberarsi dai vincoli europei, e poter usare le riserve auree per finanziare i programmi del governo. Il gruppo dei sostenitori di questa linea annoverava i leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai, che hanno presentato più volte proposte simili. E la stessa Giorgia Meloni, quando era all'opposizione, parlava spesso della necessità di usare l'oro per la spesa pubblica.

Ora che Fratelli d'Italia è al governo, quella battaglia è diventata un emendamento alla legge di bilancio. Ma il contesto è cambiato: Meloni ha abbandonato le posizioni antieuro e ha scelto una linea europeista. L'emendamento sembra più un gesto simbolico per accontentare l'ala più euroscettica del partito che un vero tentativo di cambiare le regole.

La difesa di Fratelli d'Italia: "Come in Francia"

 Di fronte al parere negativo della Bce, i parlamentari di Fratelli d'Italia hanno reagito con sorpresa. "Sorprende l'allarmismo", ha dichiarato il deputato Francesco Filini. "L'emendamento ribadisce un principio normale: le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano". Filini ha citato il caso francese: "Il Codice monetario francese stabilisce esplicitamente che la Banca francese ha la missione di detenere e gestire le riserve in oro dello Stato. Se l'emendamento italiano viola i trattati, allora anche la Francia è nella stessa situazione".

Anche il senatore Malan ha difeso la proposta: "L'oro di Bankitalia è sempre stato del popolo italiano, anche perché di chi altro dovrebbe essere? Si tratta solo di stabilire un atto di principio". E ha aggiunto: "Ci aspettavamo che dicessero, al massimo, che è inutile perché è ovvio. Invece il fatto che molti non lo ritengano tale rende particolarmente interessante portare avanti questo emendamento".  La posizione espressa dalla Bce "è curiosa, perché si tratta di stabilire un atto di principio, infatti è messo sotto formula di interpretazione autentica".