Dopo aver raddoppiato il fatturato di Dior e guidato Louis Vuitton, assumerà il comando del gruppo francese che controlla Fendi, Celine, Loewe e Givenchy
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Dal primo gennaio 2026 Pietro Beccari entrerà nella storia del lusso mondiale come il primo italiano a guidare l'intero polo Moda e Pelletteria di LVMH, il colosso francese che controlla marchi come Louis Vuitton, Christian Dior, Fendi, Céline, Loewe, Givenchy, Kenzo, Marc Jacobs, Loro Piana e Berluti. Un incarico che si aggiunge alla presidenza di Louis Vuitton, la Maison più grande e redditizia del gruppo, che già guida dal febbraio 2023.
Nato a Parma il 23 agosto 1967, Beccari ha costruito la sua carriera con una combinazione di visione strategica e capacità di innovare senza mai tradire l'identità dei marchi. Laureato in Economia e Commercio all'Università di Parma nel 1992, ha iniziato nel marketing per aziende come Benckiser, Parmalat negli Stati Uniti e Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.
Il suo ingresso in LVMH risale al 2006, quando viene nominato vicepresidente esecutivo Marketing e Comunicazione di Louis Vuitton. Qui firma alcune delle campagne più memorabili del marchio, tra cui l'iconica serie "Core Values", che ha ridefinito il racconto del lusso attraverso valori universali come il viaggio e la scoperta.
Nel 2012 passa alla guida di Fendi, dove rilancia la Maison romana con operazioni spettacolari com e la sfilata alla Fontana di Trevi nel 2016, un evento che ha fatto il giro del mondo. Ma è con Christian Dior Couture, dal 2018 al 2023, che Beccari dimostra tutta la sua abilità manageriale: sotto la sua direzione, il fatturato della Maison viene definito "eccezionale" da Bernard Arnault in persona, patron di LVMH.
Nel 2023 torna a Louis Vuitton, questa volta come presidente e amministratore delegato, con il compito di guidare la Maison in una fase di trasformazione. Tra le sue prime mosse, la nomina di Pharrell Williams come direttore creativo della linea uomo, una scelta che conferma la sua capacità di leggere i tempi e rinnovare senza stravolgere.
Dal primo gennaio 2026, Beccari assumerà anche la presidenza del Fashion Group di LVMH e andrà a coprire il ruolo finora di Sidney Toledano. Guiderà un impero che include Fendi, Céline, Loewe, Givenchy, Kenzo e altri marchi, mantenendo al contempo la direzione di Louis Vuitton, un doppio incarico che testimonia la fiducia assoluta del gruppo nel manager italiano.
Per il suo percorso professionale, Beccari è stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica e nominato Alumnus dell'anno dall'Università di Parma. Il suo successo viene spesso ricondotto a una filosofia di lavoro fatta di "feroce determinazione, divina insoddisfazione e curiosità", unita alla capacità di costruire team affiatati e di far emergere il meglio dalle persone che lo circondano.
Beccari non è l'unico italiano a guidare i colossi internazionali del lusso. La sua ascesa si inserisce in un momento di forte presenza italiana ai vertici del settore, con manager chiamati a risolvere sfide complesse e a guidare la trasformazione dei marchi più prestigiosi.
Francesca Bellettini, definita la "donna da un miliardo di dollari", è stata recentemente nominata presidente e amministratrice delegata di Gucci, per decisione di Kering. Il suo compito è invertire il trend negativo dei ricavi del marchio italiano, in uno scenario macroeconomico e geopolitico particolarmente difficile. Bellettini porta con sé una reputazione consolidata nel settore, dopo aver guidato con successo altre Maison del lusso.
Sempre in casa Kering, Luca de Meo è stato chiamato a risollevare le sorti dell'intero gruppo francese. Al general meeting ha dichiarato: "Mi sento al posto giusto, riporteremo Kering dove merita", annunciando un piano strategico per la primavera del 2026. Una sfida che richiede visione e capacità di navigare in un mercato del lusso in profonda trasformazione. In un settore dove la nazionalità francese sembra quasi un prerequisito per i ruoli apicali, i manager italiani stanno dimostrando che il talento, la visione e i risultati parlano una lingua universale. E che l'Italia, patria del gusto e della manifattura, ha ancora molto da insegnare al mondo del lusso.