Cosa fa l'ex premier oggi

Che fine ha fatto Mario Draghi?

Attualmente è consulente speciale della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e ha recentemente presentato un rapporto strategico sul futuro della competitività europea

14 Mag 2025 - 19:01
 © Ansa

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Al vertice Cotec di Coimbra Mario Draghi ha parlato con toni inusualmente netti. Ha denunciato l’erosione dell’ordine economico internazionale sotto i colpi delle guerre commerciali, puntando il dito, senza nominarlo, contro il ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti. "Siamo a un punto di rottura", ha detto, riferendosi alla gestione unilaterale delle dispute commerciali e al collasso del Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio), ormai "minato in modo difficilmente reversibile".

Non si è limitato a un’analisi del presente. Ha avvertito che è "azzardato credere che i nostri scambi con gli Stati Uniti torneranno alla normalità dopo una rottura unilaterale così grave", e che se l’Europa vuole davvero ridurre la sua dipendenza da Washington, "dovrà produrre crescita da sé".

Oggi parla da consulente speciale della Commissione europea per la competitività, incarico affidatogli da Ursula von der Leyen nel 2024. A questo titolo, ha il compito di delineare strategie economiche per rafforzare l’autonomia industriale dell’Unione. Il suo intervento non è politico, ma strategico. Ecco cosa fa da quando non è più premier italiano: un profilo a ritroso di chi continua a essere ascoltato anche nel silenzio.

2024–2025 | L’architetto della nuova competitività europea

Nel 2024 la presidente della Commissione Ursula von der Leyen gli affida una missione chiave: un rapporto sul futuro della competitività europea. Draghi accetta, lavorando in silenzio ma in profondità. Il risultato è un piano che propone investimenti pubblici e privati fino a 800 miliardi di euro, e una trasformazione strutturale dell’economia continentale.

Nel presentare il documento a Bruxelles, e poi in Parlamento a Roma, spiega che "l’unico modo per affrontare la sfida globale è comportarsi come se fossimo un solo Stato", insistendo su integrazione politica, industriale, energetica e difensiva.

2021–2022 | A Palazzo Chigi per necessità, non per ambizione

Nel febbraio 2021, l’Italia è nel caos: pandemia, instabilità politica, credibilità internazionale in bilico. Sergio Mattarella lo chiama e Draghi accetta, spiegando che "il senso del dovere viene prima delle scelte personali". Guida un governo di unità nazionale che riattiva la campagna vaccinale, imposta il PNRR, avvia riforme cruciali in giustizia e pubblica amministrazione.

Ma a luglio 2022 il suo esecutivo cade. Il Movimento 5 Stelle si sfila durante il voto sul decreto Aiuti. Poi anche Lega e Forza Italia decidono di non partecipare. Draghi si dimette, spiegando che "il patto di fiducia su cui si reggeva il governo è venuto meno". Il 22 ottobre gli subentra Giorgia Meloni.

2011–2019 | La presidenza della BCE e le parole che salvarono l’euro

Quando assume la guida della Banca Centrale Europea nel 2011, l’euro è sotto attacco e la crisi del debito minaccia l’intera eurozona. Draghi sa che servono parole forti. E a Londra, nel luglio 2012, pronuncia la frase destinata a entrare nella storia: l’euro sarà difeso "a qualunque costo" — "whatever it takes" — aggiungendo: "E credetemi, sarà abbastanza".

Non fu solo comunicazione. Seguono nuove misure monetarie, tra cui OMT e quantitative easing, che abbassano gli spread e salvano la moneta unica. È il momento in cui la sua figura diventa simbolo di credibilità, sangue freddo e visione.

2002–2005 | L’esperienza a Goldman Sachs

Nel 2002, lasciato il ministero del Tesoro, Draghi entra in Goldman Sachs International come vicepresidente. Non abbraccia mai lo stile aggressivo della banca d’affari, ma ne studia da vicino le dinamiche. Anni dopo dirà: "Capire i mercati è essenziale se vuoi regolarli. Non puoi governare ciò che non conosci". È un periodo spesso criticato, ma per lui è un passaggio necessario per vedere il mondo della finanza dall’interno.

1991–2001 | L’uomo delle privatizzazioni

Per dieci anni, come direttore generale del Tesoro italiano, Mario Draghi è il regista delle grandi privatizzazioni italiane. Eni, Telecom, Iri: il suo approccio è tecnico, trasparente, orientato all’efficienza. Introduce strumenti di gestione del debito e accompagna il Paese verso l’euro. Spiega così la filosofia che lo guida: "La credibilità si costruisce giorno dopo giorno. Ma si può perdere in un attimo".

Gli inizi | Crescere in fretta, pensare in grande

Mario Draghi nasce a Roma nel 1947. A 15 anni perde entrambi i genitori e cresce con un forte senso di responsabilità verso i fratelli. Studia al liceo classico Massimo dei gesuiti, poi si laurea con Federico Caffè che gli trasmette una visione dell’economia come strumento etico.

Completa la formazione al MIT di Boston con due Nobel, Franco Modigliani e Robert Solow. Ricorderà spesso: "I miei maestri mi hanno insegnato che l’economia non è tecnica neutra. È scelta, è servizio, è futuro".

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