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Istat: 10 milioni di donne rinunciano al lavoro a causa di impegni familiari

Tra i principali motivi: una gravidanza o perché i propri familiari così volevano. Tuttavia ai vertici aziendali e politici, il loro numero è raddoppiato

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agenzia

"Sono poco meno di dieci milioni" le donne "che nel corso della loro vita, a causa di impegni familiari, per una gravidanza o perché i propri familiari così volevano, hanno rinunciato a lavorare".

Lo rende noto

l'Istat

, analizzando dati relativi al 2011. L'indagine rivela che altre "hanno dovuto interrompere il lavoro, o non hanno potuto accettare un incarico o non hanno potuto investire come avrebbero voluto nel lavoro".

"Più donne capofamiglia" -

L'Istat ricorda però che sono in aumento le donne capofamiglia. "Molte donne procurano alla famiglia le entrate economiche maggiori, così come sono aumentate le monogenitore o le donne che vivono sole, tutti nuclei in cui la donna rappresenta obbligatoriamente il capofamiglia. Si tratta di circa 8 milioni 200 mila donne, oltre un milione in più rispetto al 2005 (quando erano 7 milioni 31 mila)", spiegano gli esperti nel rapporto "Come cambia la vita delle donne", facendo riferimento per gli ultimi dati al 2013.

"Vertici aziendali e politici, presenze raddoppiate" -

L'istituto registra anche un raddoppiamento del genere femminile negli ultimi anni nei casi dei cda delle aziende quotate o dei seggi nel Parlamento Ue. "Grazie anche all'introduzione di norme a tutela dell'alternanza di genere nelle liste dei candidati, le più recenti elezioni europee, avvenute nel maggio 2014, sono state teatro di una piccola rivoluzione rosa: il 40% degli eletti è rappresentato da donne. Rispetto a cinque anni prima la rappresentanza italiana femminile nel parlamento europeo è raddoppiata e supera la rappresentanza femminile media europea che si attesta al 37%". Inoltre, fa presente l'Istat, "negli ultimi anni sono state varate leggi che promuovono la presenza delle donne nelle istituzioni e nelle aziende e che stanno producendo gli effetti sperati: la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa ha raggiunto livelli alti grazie all'introduzione delle normative sopra citate: in due anni, dal 2012 al 2014, la rappresentanza femminile è raddoppiata passando dall'11,6% al 22,7%".

Ma obiettivi Ue ancora lontani -

"Nonostante la maggiore tenuta dell'occupazione femminile negli anni della crisi, la quota di donne occupate in Italia rimane, comunque, di gran lunga inferiore a quella dell'Ue28: nel 2014 il tasso di occupazione femminile si attesta al 46,8% contro il 59,5% della media Ue28, e la distanza dell'indicatore con l'Europa è aumentata arrivando a 12,7 punti percentuali (10,0 punti nel 2004).

"L'andamento dell'occupazione femminile negli ultimi dieci anni - spiega l'Istat - ha risentito della crisi che ha fermato il trend positivo di aumento degli anni precedenti". Infatti l'occupazione femminile era cresciuta in Italia sin dal 1995 e la battuta d'arresto e' arrivata solo nel 2008. Le donne hanno tenuto meglio sull'occupazione ma la loro qualità del lavoro è peggiorata, perché è aumentato il part time involontario, la sovra-istruzione rispetto all'impiego svolto e le posizioni lavorative non qualificate (soprattutto le straniere impiegate nei servizi alle famiglie).