Mentre Atene vota la controversa riforma che allunga l'orario lavorativo, l'Europa si divide tra chi riduce le ore settimanali e chi aumenta la flessibilità
© Istockphoto
Il parlamento greco ha votato una delle riforme del lavoro più controverse d'Europa: la possibilità di lavorare fino a 13 ore al giorno per un massimo di 37 giorni all'anno. Una misura che ha scatenato l'ira di sindacati e opposizione, che parlano apertamente di "schiavitù moderna" e "ritorno al Medioevo". Ma mentre Atene va in una direzione, cosa succede nel resto dell'Unione Europea? I dati ufficiali raccontano un continente profondamente diviso.
Il disegno di legge appena approvato dal Parlamento greco, firmato dalla ministra del Lavoro Niki Kerameos e sostenuto dal premier conservatore Kyriakos Mitsotakis, prevede che i dipendenti del settore privato possano lavorare 13 ore consecutive per lo stesso datore di lavoro, con una retribuzione maggiorata del 40% per le ore oltre le otto canoniche. Secondo il governo, si tratta di circa tre giorni al mese in media. Attualmente una legge approvata due anni fa permette già di lavorare 13 ore giornaliere, ma solo per due datori diversi. La novità consiste nel consentire questo orario per un unico impiego. "Ci sono lavoratori che chiedono di poter lavorare più ore", ha dichiarato la ministra Kerameos in parlamento, aggiungendo che "chi non vorrà fare gli straordinari sarà tutelato".
Ma la Confederazione generale dei lavoratori greci (Gsee) respinge questa versione: "La riforma mette a repentaglio la salute e la sicurezza dei dipendenti e distrugge qualsiasi equilibrio tra la vita personale e professionale". I sindacati sostengono che molti non potranno dire di no alle 13 ore "visto lo squilibrio di potere tra datore di lavoro e dipendente". Dopo due scioperi generali in ottobre, il voto è previsto con l'approvazione del partito di maggioranza Nea Dimokratia.
Diverse le motivazioni dietro la scelta greca, ma la principale è la crisi economica che degli ultimi quindici anni ha lasciato cicatrici profonde. Come denunciato dal leader di Syriza Sokratis Famellos, "la Grecia è un Paese di impiegati poveri, che lavorano più della media europea, ma sono pagati meno e non riescono ad arrivare a fine mese". Per questo per i greci è normale destreggiarsi spesso tra più impieghi perché gli stipendi sono inadeguati.
Secondo i dati Eurostat del 2024, nell'Unione Europea l'orario di lavoro settimanale medio per le persone tra i 20 e i 64 anni è di 36 ore, in calo rispetto alle 37 ore del 2014. Le settimane lavorative più lunghe sono state registrate in Grecia (39,8 ore), Bulgaria (39,0 ore), Polonia (38,9 ore) e Romania (38,8 ore). Al contrario, i Paesi Bassi hanno la settimana più breve (32,1 ore), seguiti da Danimarca, Germania e Austria (tutti a quota 33,9 ore).
Ma il dato più significativo riguarda chi lavora troppo. Nel 2024, il 6,6% delle persone occupate tra i 20 e i 64 anni nell'Ue ha lavorato a lungo (secondo i criteri di Eurostat almeno 49 ore o più alla settimana) nel proprio lavoro principale. Questa quota di lavoratori con orari lunghi è diminuita nel tempo: era del 9,8% nel 2014 e dell'8,4% nel 2019. Tra i Paesi dell'Ue, la Grecia ha la quota più alta di lavoratori con orari lunghi (12,4%), seguita da Cipro (10,0%) e Francia (9,9%). Al contrario, i tassi più bassi di lavoro prolungato sono stati registrati in Bulgaria (0,4%), Lettonia (1,0%) e Lituania (1,4%).
A livello settoriale, le attività economiche che hanno registrato la settimana lavorativa più lunga nell'Ue nel 2024 sono state agricoltura, silvicoltura e pesca (41,2 ore lavorative effettive), estrazione mineraria (38,8 ore) e costruzioni (38,7 ore). Le settimane lavorative più brevi sono state registrate nelle attività delle famiglie come datori di lavoro (26,7 ore), istruzione (31,9 ore) e arti, intrattenimento e attività ricreative (32,9 ore)
La quota di lavoratori autonomi che hanno lavorato a lungo (27,5% del totale dei lavoratori autonomi) è stata più alta rispetto a quella dei dipendenti (3,4% del totale dei dipendenti). Tra tutti i gruppi professionali, gli orari di lavoro lunghi sono stati più comuni tra i lavoratori qualificati dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca (26,2% di tutte le persone occupate in quel gruppo professionale) e i manager (21,1%).
I dati Eurostat sulla produttività del 2024 rivelano un paradosso inquietante. La produttività del lavoro per ora lavorata nell'Ue è aumentata dello 0,4% nel 2024, dopo un calo dello 0,6% nel 2023. Le ore lavorate per persona impiegata sono diminuite dello 0,1% nel 2024, continuando un trend al ribasso. Nel 2024, i Paesi che hanno registrato i maggiori aumenti di produttività per ora lavorata sono stati Polonia (+4,8%), Bulgaria (+3,9%) e Danimarca (+2,9%). Al contrario, diversi Paesi hanno registrato una crescita negativa, tra cui Italia (-1,4%), Croazia (-1,2%), Romania (-1,1%) e Irlanda (-0,9%). Questo significa che lavorare più ore non garantisce affatto maggiore ricchezza per il Paese. I Paesi più produttivi d'Europa hanno orari di lavoro inferiori alla media, mentre la Grecia, pur lavorando più ore, continua a lottare per aumentare la propria produttività.
I Paesi scandinavi rappresentano da sempre un punto di riferimento. In Svezia, molte aziende hanno adottato la giornata di sei ore pagata come otto. I Paesi Bassi e la Danimarca lavorano meno ore ma mantengono livelli di produttività tra i più alti del continente.
L'Islanda ha condotto tra il 2015 e il 2019 uno dei più grandi esperimenti mai realizzati: circa 2.500 lavoratori pubblici hanno lavorato meno ore mantenendo lo stesso stipendio. Il successo è stato tale che oggi oltre l'86% della forza lavoro islandese può ridurre le proprie ore senza perdita di salario.
Il nostro Paese si colloca in una posizione intermedia: l'orario di lavoro standard rimane di 40 ore a settimana, con un massimo di otto ore giornaliere che può essere esteso a dieci ore in casi particolari. Alcune sperimentazioni di settimana corta sono state avviate da aziende private, soprattutto nel settore tecnologico, ma non esiste ancora una discussione politica avanzata sul tema. A luglio 2025, la commissione Bilancio della Camera ha bocciato una proposta di legge per la settimana corta sostenuta dalle opposizioni.
Pur non facendo più parte dell'Unione europea, il Regno Unito ha condotto nel 2022 un trial di sei mesi con oltre 60 aziende e circa 2.900 lavoratori che hanno ridotto l'orario del 20% senza perdita di stipendio. Il 92% delle aziende ha deciso di continuare con il nuovo modello, registrando una riduzione del 57% nel turnover del personale.
La Direttiva europea sull'orario di lavoro del 2003 stabilisce che l'orario medio massimo per i dipendenti non può superare le 48 ore settimanali, compresi gli straordinari. La riforma greca, pur restando formalmente nei limiti se calcolata su base annua, rappresenta la prima iniziativa di questo tipo nell'Unione Europea. Studi scientifici dimostrano l'impatto sulla salute di orari prolungati. Una ricerca dello University College di Londra del 2015 indica che chi lavora più di 55 ore settimanali presenta un rischio di ictus superiore del 33% rispetto a chi lavora tra le 35 e le 40 ore. Un rapporto del 2021 dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'Organizzazione internazionale del lavoro ha rilevato che l'orario prolungato è stato responsabile di 745mila decessi per ictus e malattie cardiache nel 2016, con un aumento del 29% rispetto al 2000.
Mentre la Grecia va controcorrente, il resto d'Europa guarda sempre più alla riduzione dell'orario. Tra il 2021 e il 2022, diversi Paesi europei hanno introdotto la settimana lavorativa corta, vale a dire di quattro giorni, come Belgio e Grecia stessa, ma senza riduzione dell'orario settimanale.
In Francia e Germania, la settimana lavorativa nel settore metalmeccanico è rispettivamente di 35 e 35,9 ore, mentre la media europea è di 37,8 ore. In Italia, così come in Croazia, Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Svezia, la contrattazione collettiva di settore prevede un orario settimanale di 40 ore: il dato più alto in Europa, ben cinque ore in più rispetto alla Germania. La Francia mantiene le sue 35 ore settimanali ed ha introdotto il "diritto alla disconnessione" per garantire che i lavoratori possano staccarsi dalle comunicazioni professionali fuori dall'orario di lavoro. Il Portogallo ha lanciato nel 2023 un progetto pilota che coinvolge decine di aziende per testare la settimana di quattro giorni senza riduzione di stipendio, con risultati positivi in termini di riduzione dell'assenteismo e aumento della soddisfazione.