IL GALLERISTA BRUN: ORA LO SCOGLIO RESTA LA BUROCRAZIA

Iva al 5% per l'arte: come cambia il mercato per compratori, venditori e gallerie

Il gallerista Brun a Tgcom24: "Un successo che per una volta rende l'Italia competitiva ma la burocrazia resta un grande ostacolo"

di Giuliana Grimaldi
21 Giu 2025 - 13:53
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In una galleria italiana un collezionista straniero osserva un dipinto contemporaneo, ne chiede il prezzo, fa qualche calcolo mentale e scuote la testa: "Troppo caro con le tasse". Se ne va, direzione Parigi. La scena si è ripetuta troppe volte negli ultimi anni nelle gallerie del nostro Paese, vittime di un paradosso tutto nostrano: l'Italia che ha dato i natali a Michelangelo e Leonarado penalizzava fiscalmente chi voleva comprare arte. Adesso però le cose cambiano. In un settore che vale 1,36 miliardi di euro.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la misura che riduce l'Iva sulla cessione e sulla vendita di opere d'arte dal 22% al 5%, allineando l'Italia agli standard fiscali degli altri Paesi europei. Una svolta storica che "incorniciamo come una missione compiuta", ha dichiarato il ministro della Cultura Alessandro Giuli durante la conferenza stampa nella Sala Spadolini del Ministero della Cultura, al Collegio Romano

La decisione, inserita nel decreto Omnibus approvato dal governo, rappresenta la risposta alle pressioni degli operatori del settore che da anni denunciavano il grave svantaggio competitivo dell'Italia rispetto agli altri mercati europei. "La situazione era oggettivamente innaturale, e metteva l'intero settore in svantaggio nella competizione internazionale", ha sottolineato Giuli.

Cosa cambia concretamente per compratori e venditori

 La nuova aliquota del 5% si applica a cessioni e acquisiti di oggetti d'arte, di antiquariato e di collezione, rappresentando una rivoluzione per tutti gli attori della filiera artistica.

Per i collezionisti e gli acquirenti: la riduzione dell'Iva dal 22% al 5% comporta un risparmio netto del 17% su ogni acquisizione. Questo rende gli acquisti in Italia significativamente più convenienti rispetto al passato e competitivi rispetto ad altre piazze europee. Per i collezionisti internazionali, l'Italia diventa ora una destinazione privilegiata, offrendo prezzi più vantaggiosi rispetto a Germania (7%) e allineandosi alla Francia (5,5%). Il risparmio si applica sia agli acquisti presso gallerie private sia alle aggiudicazioni in casa d'asta, moltiplicando le opportunità di investimento nel nostro mercato artistico.

Per le gallerie e i mercanti d'arte: la riduzione dell'Iva rende il mercato italiano più attrattivo per la clientela finale, che prima preferiva acquistare in altri paesi europei a causa del costo fiscale complessivo più basso. Anche se le gallerie recuperano l'Iva nelle loro operazioni, beneficiano indirettamente di un mercato più dinamico e competitivo a livello internazionale.

Per le piccole gallerie, secondo le stime Nomisma, questo può tradursi in una crescita del fatturato fino al 50%, mentre per il settore nel complesso si prevede un incremento del 28%. Le gallerie potranno inoltre partecipare con maggiore competitività alle fiere internazionali, proponendo opere a prezzi più allettanti rispetto ai concorrenti di altri paesi.

Per le case d'asta: l'impatto fiscale ridotto sulle commissioni di vendita rende le aste italiane più attraenti per i consegnatori di opere di alto valore, che in passato preferivano rivolgersi a case d'asta estere. Anche i buyer's premium risultano ora più competitivi, attirando una maggiore partecipazione di collezionisti internazionali. Le case d'asta italiane possono recuperare terreno nella competizione globale, trattenendo lotti importanti che altrimenti sarebbero migrati verso Londra, Parigi o New York.

Una disparità che penalizzava l'Italia

 Fino a oggi, l'Italia applicava alle transazioni artistiche un'aliquota ordinaria del 22%, tra le più elevate d'Europa. In Francia l'Iva sulle opere è fissata al 5,5%, in Germania al 7%, mentre nel Regno Unito l'aliquota per l'importazione di beni artistici è del 5%. Una sproporzione che negli anni ha scoraggiato collezionisti internazionali e reso più difficile per le gallerie italiane trattenere o attrarre talenti.

Secondo lo studio Nomisma citato dal ministro Giuli, mantenere l'aliquota al 22% avrebbe comportato una perdita fino al 28% del fatturato per il settore, con punte del 50% per le piccole gallerie. Al contrario, con la nuova Iva ridotta si stima una crescita del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro in un trimestre e un impatto complessivo sull'economia di circa 4 miliardi.

Dalle proteste del settore alla soddisfazione attuale

 Il malcontento si era manifestato con forza nei mesi scorsi. A febbraio, Italics – il consorzio che riunisce oltre 70 gallerie italiane – aveva diffuso una lettera aperta al governo Meloni, esprimendo "grande stupore e profonda apprensione" per l'assenza della riduzione dell'Iva nel Decreto Legge 201. Le parole della lettera erano poi sfociate in una protesta plateale, a suon di fischietti, ad Arte Fiera di Bologna.

Il Gruppo Apollo – la Confederazione che raggruppa tutte le principali associazioni dell’industria dell’arte in Italia – aveva parlato senza mezzi termini di un "colpo di grazia" al settore, mentre molti professionisti lamentavano anche la rigidità delle norme sulla circolazione dei beni culturali. Alessandra Di Castro e Sirio Ortolani - rispettivamente presidente e vicepresidente dell'associazione Gruppo Apollo - salutano adesso con soddisfazione il nuovo regime fiscale: "Questo provvedimento rappresenta un traguardo storico. Una sinergia vincente tra gli operatori del comparto – gallerie, case d’asta, enti fieristici, logistica, collezionisti, professionisti – con le istituzioni, in primo piano il Governo, il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Hanno avuto un ruolo determinante nel raggiungimento di questo traguardo atteso da anni. Un particolare grazie va dunque al Ministro Alessandro Giuli, al Ministro Giancarlo Giorgetti e ai Presidenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato Federico Mollicone e Roberto Marti e all'Onorevole Alessandro Amorese per la dedizione e il sostegno dimostrati. Sul fronte internazionale, questa riforma consente all’Italia di recuperare un gap competitivo che da troppo tempo penalizzava i nostri operatori rispetto a mercati come Francia e Germania. È un passo decisivo verso un’Italia che potrà finalmente tornare a essere protagonista in Europa". 

Il confronto europeo: l'Italia ora primeggia

 Con la nuova aliquota del 5%, l'Italia si posiziona ora in vantaggio rispetto ai principali competitor europei. "Siamo tornati la prima nazione dove fare, vendere e comprare arte, cioè il posto più conveniente in Europa", ha dichiarato Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, ricordando come ci troviamo in linea con il 5% francese e meglio del 7% tedesco.

La Germania aveva dovuto aumentare l'Iva sull'arte dal 7% al 19% nel 2014, per poi riportarla al 7% solo nel 2025 grazie alla nuova direttiva europea che consente aliquote ridotte per beni d'arte. La Francia ha invece introdotto l'aliquota ridotta del 5,5% su tutte le transazioni dal 1° gennaio 2025.

Nel panorama europeo, l'Italia si posiziona ora tra i paesi più vantaggiosi per il mercato dell'arte. La Francia applica un'aliquota del 5,5% su tutte le transazioni artistiche dal gennaio 2025, mentre la Germania ha dovuto percorrere un cammino più tortuoso: dopo aver mantenuto il 7% fino al 2014, è stata costretta ad alzare l'aliquota al 19% per poi riportarla al 7% solo quest'anno grazie alla nuova direttiva europea. Il Regno Unito, pur fuori dall'Ue, mantiene il 5% per le importazioni di opere d'arte, mentre la Svizzera applica il 7,7%. 

Il commento del gallerista

 Marco Brun, partner e direttore della galleria Brun Fine Art - una delle gallerie leader del settore, specializzata in scultura e pittura antica e moderna, opere d'arte decorative e mobili continentali, con sedi a Milano, Firenze e Londra - accoglie con entusiasmo la riduzione dell'Iva dal 22% al 5%.

un grande successo", commenta Brun. "Ci sono diverse strutture che ci stanno lavorando da tempo, era una cosa nell'aria. Il governo ha appoggiato tutto il lavoro che c'era già stato dietro ed è una formula che si spera sia di grande rilancio per il mercato dell'arte in Italia. Senza questo provvedimento non saremmo più stati competitivi neanche con i Paesi europei, dove in Francia erano già scesi al 5,5% e in Germania al 7%".

Sul fronte operativo, il gallerista spiega come cambiano le dinamiche commerciali con il passaggio dal sistema dell'Iva margine a quello dell'Iva sul totale: "Prima quando fatturavo l'oggetto - se lo compravo a 100 e lo vendevo a 120 - calcolavo il 22% sui 20 di margine, cioè solo sul guadagno. Adesso invece se lo vendo a 120 si calcola il 5% di Iva sull'intero valore di vendita". Il nuovo sistema, chiarisce Brun, non è una novità assoluta: "Era già così anni fa prima dell'Iva margine. È come funziona da sempre negli Stati Uniti e ora anche in Regno Unito dopo la Brexit".

Il gallerista spiega l'impatto economico per operatori e settore in generale: "Secondo me sarà un grosso vantaggio sia per noi gallerie sia per il mercato nel suo complesso". Adesso l'ostacolo al commercio d'arte in Italia è per Brun nella burocrazia: "L'Italia ha sempre un problema che è più grande dell'Iva: quello legato alle esportazioni delle opere d'arte. Quelle che hanno più di 70 anni, se devi portarle all'estero bisogna chiedere un permesso di esportazione al Ministero. Il problema è che quando vendo un'opera a uno straniero, devo inviare delle fotografie alla Sovrintendenza, aspettare un appuntamento, portare l'opera, aspettare che facciano la visione e poi attendere ancora per il permesso. Se non me lo rilasciano, l'opera non può più uscire dall'Italia. Questa è la problematica forse più grande legata all'arte in Italia".

Sulla crescita di Milano come hub artistico europeo, Brun si mostra fiducioso: "Secondo me lo sta diventando. Tanti stranieri stanno venendo qui, anche per la tassazione che pagano se si trasferiscono in Italia. Hanno comunque molta disponibilità economica e comprano arte moderna, contemporanea, antica. Qualcuno investe, quindi Milano sta sicuramente crescendo sotto quell'aspetto. Che la riduzione dell'Iva gli dia uno slancio in più, sicuramente sì".

Il bilancio finale è positivo: "Sono molto contento perché fa vedere che siamo competitivi con gli altri Paesi. Penso sia una delle prime volte nella storia dove riusciamo a essere più competitivi di altri addirittura. Sappiamo tutti i limiti che abbiamo qui per cambiare qualcosa, i tempi, quanto sia difficile, per cui ben venga tale novità".

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